di Peppe Giannetto – Due validi ed efficaci discorsi quelli che abbiamo udito in questi giorni, pronunciati dal presidente Mattarella e dal Papa, che ci stimolano alla fiducia e a considerazioni profonde nell’attimo della durissima prova che stiamo vivendo. Il presidente Mattarella nel suo messaggio alla popolazione ha posto, senza infingimenti con sua autorità, un’esortazione chiara e categorica all’Unione Europea: la stessa, ha affermato, “superi i vecchi modelli ormai distante dalla realtà e marci senza perplessità a disporre un’azione comune di sostegno inizialmente e di ripresa nei confronti dell’economia europea e dei singoli Stati. Un’azione che non ammetta temporeggiamenti o titubanze di sorta, “prima che sia troppo tardi” ha evidenziato categoricamente il presidente della Repubblica.
L’angosciante situazione odierna mostra, dunque, al di là di ogni contrapposizione anche del recente passato, l’irrisolto groviglio europeo. O l’istituzione sovranazionale si “umanizza” e mette al centro delle sue decisioni la qualità di vita dei popoli che la compongono, orientandosi collettivamente al sostegno degli stessi e non alla proliferazione del governo di pochi al comando e di quel profitto “ideologico” massimizzato in maniera esasperata, o l’Unione Europea sarà destinata ad uno spietato crepuscolo. Gli egocentrismi europei già si sono abbondantemente mostrati davanti alla stagione migratoria ancora in atto, ci hanno imposto gravemente la loro necessità di comuni politiche sociali di solidarietà e alle necessità che il comportamento europeo sia unicamente fondato sulle algide strategie finanziarie ed economiche.
Se faremo un buco nell’acqua anche in questa circostanza – come si è fallito nel governo dell’eccezionale emergenza migratoria di questi ultimi anni – ogni petizione di principio che si richiami alla comune “casa” europea non avrà più senso e ragion d’essere, convertendosi solo ad una illeggibile e una grottesca celebrazione di concetti teorici. In questo senso, la parola autorevole, calma ma ferma del presidente della Repubblica (che non ha peraltro fatto mancare il suo pensiero a tutti i cittadini ed alle componenti sociali impegnati nel sostegno ai malati e nella resistenza contro il tremendo virus), ha rappresentato uno zoccolo basilare nella creazione di un vero progetto di riscatto della nostra collettività, anche e principalmente nella interlocuzione con i partner europei.
Papa Francesco, figura grandiosa del nuovo secolo – ha dal canto suo richiamato (potrebbe dirsi anche se non voluta un’integrazione con le parole del presidente Mattarella) la condizione dell’uomo fino ad oggi, fino al manifestarsi della moderna peste. “Abbiamo pensato di rimanere sempre sani in un mondo malato”, ha detto, esortando come la fratellanza indivisa non si sia “ridestata di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, e non ascoltando il grido dei poveri e del nostro pianeta gravemente malato”.
Un’enunciazione azzeccatissima e spietata dell’attuale condizione del genere umano – inarcata sull’illimitata rincorsa al benessere ed alla materialità e indifferente a tutto il resto – accompagnata da una esortazione di grande profondità volta a concepire un nuovo ordine delle cose che l’umanità progredita conosce già, ma che pare aver perso. Nel livore di una piazza San Pietro battuta dal temporale e completamente vuota, mai scenografia fu più drammaticamente solenne, il Papa ha espresso, dall’alto del suo pulpito, una sorta di rinascita dell’umanità, chiamandola alla responsabilità della sua condizione e del suo futuro prossimo. Se appariamo oggi deboli e smarriti, la strada che si aprirà dopo la terribile prova non dovrà che essere forgiata su una dimensione differente e sulla coscienza del bisogno di un agire comune, ad ogni livello. Ed è questa, la scommessa che ci aspetta già nell’immediato futuro, allorquando l’uragano improvviso e violento che ci ha investito sarà finito: “vivere il nostro tempo con gli occhi dell’uomo che guarda l’uomo, perché l’orizzonte dinanzi a noi o è di tutti o non è di nessuno”. Nella prospettazione laica e politica delle frasi del presidente Mattarella, così come in quelle religiose e spirituali delle parole di Papa Francesco, è questo l’equivalente messaggio che ci raggiunge. Se si avrà tanta energia per un percorso comune su questo tragitto, la speranza di un mondo migliore, non sarà una utopia o un’illusione.