✔️”Atene di Sardegna” e allo stesso tempo “zona delinquente”. Due antiche nomee della città di #Nuoro e del suo circondario che evidenziano l’intima contraddizione di questi luoghi così singolari. La cultura fatta di grandi poeti e letterati da una parte, ma dall’altra le antiche #rivolte popolari e i più recenti episodi di criminalità che hanno reso celebre (purtroppo in negativo) il nuorese, in special modo negli anni ’70.
✔️Oggi Nuoro e la sua provincia sembrano aver superato i momenti più difficili, ma certo non si può dire che il turismo che in tanti altri posti della #Sardegna ha cambiato il destino di comuni e persone, qui abbia risolto tutto. Difficile persino trovare un souvenir ricordo della nostra tappa a Nuoro. Non è turistica questa città, ce ne rendiamo subito conto; sarà che il mare non si vede neanche in lontananza, eppure il suggerimento che per capire davvero la Sardegna devi venire qui, è veritiero ed efficace. Prima o poi, passa da Nuoro, ci avevano detto.
✔️Noi, in verità, lo facciamo subito, nel nostro appena avviato “Viaggio in Sardegna”, tappone dolomitico direbbero nel gergo ciclistico, e quindi fondamentale del nostro lungo e costante “Viaggio in Italia”, intrapreso ormai nel lontano 2018.
✔️Appena sbarcati ad #Olbia al mattino presto (in pratica all’alba) provenienti da Civitavecchia ci dirigiamo subito qui. Un ‘ora e poco più di macchina per un centinaio di chilometri da percorrere e giungiamo nel luogo ove sopravvive, grazie alla conformazione aspra e impervia, il senso più autentico della Sardegna. Il Nuorese è un’isola nell’isola avevamo letto, perché qui vive il nucleo indigeno sardo, che ha resistito nei millenni a tutte le invasioni senza lasciarsi penetrare. Poco poterono fare qui i vari punici, romani, pisani e persino spagnoli e quando arrivò il momento dell’unificazione italiana furono dolori per lo stato centrale, come avremo modo di vedere.
✔️Nuoro, intanto, è davanti ai nostri occhi, quasi distesa su di un piano ai piedi del Monte Ortobene. Tutto intorno montagne con pochi alberi indosso la circondano. Nemmeno 40.000 abitanti, la città che è capoluogo di una delle provincie meno popolate d’Italia si scopre finalmente alla nostra voglia di conoscenza. Ci entriamo e in pochi minuti siamo in Piazza Italia dove insistono le sedi di Comune e Provincia (Nuoro lo è solo dal 1927) e gran parte dei monumentali edifici pubblici. Chiaro l’aspetto architettonico razionalista del quartiere dove ci troviamo.
✔️Ci dirigiamo verso il Corso Garibaldi, ma lungo la strada in discesa ci colpisce il Palazzo delle Poste e Telegrafi. Con la sua grande torre in granito grigio e quel colore rosso che caratterizza la sua parte centrale, questo fu progettato negli anni ’20 dall’ingegnere bolognese Angiolo Mazzoni, lo stesso che progettò la stazione Termini di Roma e tanti altri edifici dedicati alle Poste lungo la Penisola (ben 17). Siamo ora in pieno Corso Garibaldi. La via più trafficata della città, quella dei negozi e del passeggio, in passato chiamata non a torto la Via Majore, la maggiore quindi, segno che nel corso del tempo l’arteria non ha perso la sua strategicità. E’ il momento di fare colazione, finalmente, e non lo facciamo di certo nel primo locale che capita. Anzi…
✔️Il Caffè #Tettamanzi. Questa è la storia di un maestro ebanista di origini piemontesi che alla fine dell’800, chiamato nel cuore della Sardegna per realizzare assieme ad altre maestranze la nuova Cattedrale della città di Nuoro, alla fine della commessa decide di mettere radici all’ombra del monte Ortobene, allestendo un locale (1875) che condurrà fino alla sua morte. Si chiamava Antonio Tettamanzi, ed ancora oggi, a più di 100 anni di distanza, il Caffè esiste e monopolizza la vita culturale della città soprannominata l’Atene di Sardegna. Due nomi su tutti hanno dato lustro e fama al Caffè Tettamanzi: Salvatore Satta e Grazia Deledda. Entrambi, soprattutto il primo, lo frequentarono assiduamente, ambedue vi ambientarono parecchi passi delle loro opere. Il capolavoro di Satta, Il Giorno del Giudizio, pesca a piene mani nei veri personaggi che frequentarono il locale ai tempi della “belle epoque” barbaricina. In “Cosima”, il romanzo autobiografico di Grazia Deledda, che fu premio Nobel per la letteratura in tempo di femminismo ante litteram, il posto viene presentato come quel luogo che “lungo la Via Majore – oggi Corso Garibaldi – c’è il caffè con le porte vetrate e, dentro, gli specchi e i divani, altra meraviglia di Cosima”. L’interno, una volta varcata la soglia, rappresenta davvero un’opera d’arte. Quanto amore ci mise mastro Antonio Tettamanzi da Palestro per realizzare con tanti ghirigori il soffitto, senza dimenticare il rosone centrale che è composto da dieci medaglioni ogivali coperti da un vetro e poi intorno altre figure mitologiche. E poi i graziosi sofà di velluto rosso ancora oggi presenti, i grandi specchi e le colonnine di legno bianco. Una curiosità: visto che non solo di cultura ci si può nutrire, in un locale per ingannare il tempo, tra un caffè e l’altro, l’intraprendente Tettatamanzi costruì con le proprie preziose mani persino un biliardo. Un’autentica novità per quell’epoca bella e felice, anche per una piccola cittadina dell’interno della Sardegna. Il Caffè, con il passare del tempo, cambiò proprietà e anche nome; da Caffè della Posta, diventò nell’anteguerra Bar Laconi e successivamente Caffe’ Majore, salvo poi negli anni riprendere quello originario. Il Caffè Tettamanzi è oggi uno dei quattro locali storici per il Centro-Sud Italia. I “Locali Storici d’Italia”, per chi non lo sapesse, sono un sodalizio culturale che riunisce i 230 più antichi e prestigiosi alberghi, ristoranti, pasticcerie, confetterie, caffè letterari protagonisti della storia d’Italia per gli eventi di cui sono stati promotori o sede e per i personaggi illustri che li hanno frequentati.
✔️Siamo fuori, passeggiamo lentamente e superiamo alla nostra sinistra il Man, ovvero il Museo d’Arte della Provincia di Nuoro che è stato inaugurato nel 1995 e che contiene una selezione molto qualificata di opere di artisti sardi del Novecento, e poi quasi per caso giungiamo alla piccola piazzetta chiamata del “Su Connottu”. Siamo nello storico quartiere di San Pietro e la piazzetta porta il nome della storica rivolta che ha avuto luogo proprio in questo quartiere nel 1868, sotto la guida della popolana Paskedda Zau. Un rivolta popolare che fece scalpore al tempo, sorta in conseguenza a una legge del neonato stato unitario che tre anni prima (1865) aveva abolito gli usi e i diritti d’ademprivio. Il Municipio di Nuoro fu assaltato e gli archivi bruciati. Lo spirito ribelle dei nuoresi agli occhi dei continentali, nasce proprio da questo avvenimento. Continuiamo il nostro cammino: pochi passi e siamo nel mezzo di un’altra piazza molto importante per i nuoresi.
✔️PIAZZA SEBASTIANO SATTA. Molti la individuano come il luogo icona della città di Nuoro. Uno spazio urbano tra l’altro abbastanza ristretto, ma comunque molto particolare perché coniuga nella maniera più efficace arcaicità e modernità, tutto merito dell’architetto Costantino Nivola, sardo di origine ma che viveva a quel tempo negli Stati Uniti, che poco più di 50 anni fa (era il 1967) sistemò in modo geniale la vecchia Piazza del Plebiscito che sorgeva davanti all’umile casa dell’eroe di Nuoro, ovvero quel Sebastiano Satta (Bastianu per tutti) poeta nuorese, ma anche avvocato, socialista utopista, principale e autorevole testimone di quella singolare condizione umana che è la nuoresità, così piena di contraddizioni e per questo non facile da cogliere agli occhi dei forestieri. Un poeta carducciano non secondario è stato definito dai critici, di sicuro un individuo colto e solidale, noto per le cause pro bono, ovvero al servizio di quelle persone che se non difese a titolo gratuito (cosa che faceva molto spesso Satta) non avrebbero mai potuto avere giustizia. Insomma, un piccolo grande eroe locale, a cui dopo la sua morte avvenuta nel 1914, fu dedicata questa piazza che sorgeva accanto alla sua casa.
La nuova disposizione della piazza, dicevamo, risale al 1967, grazie all’opera di Costantino Nivola che ha messo a dimora, come una sorta di giganteschi funghi, dei grandi blocchi di granito, con sopra delle statuette, ossia i bronzetti che assieme ai nuraghi rappresentano l’anima arcaica di queste terre. I bronzetti della piazza rappresentano momenti di vita del poeta-avvocato, ora impegnato nelle arringhe in tribunale, ora a cavallo. La pavimentazione della piazza è in granito, le rocce, chiara idea di monumento della natura che si innestano sull’opera sottostante dell’uomo, provengono (e non poteva essere altrimenti) dal monte dei nuoresi, l’Ortobene. Il bianco assoluto che insiste sulle case che circondano la piazza fu imposto alle da Nivola. Si convinsero tutti tranne uno, dicono qui.
✔️IL MUSEO DELEDDIANO. E’ il momento di rendere visita a una donna e letterata di primissimo livello. Un’eroina di quei tempi, #GraziaDeledda. Una gigante, a dispetto della sua terrena bassa statura, che farebbe impallidire le femministe del secondo millennio. Donna, sposa, madre e letterata. Come conciliò lei (con successo) affetti e lavoro è cosa straordinaria. Come stemperò critiche e maldicenze, idem. La casa in cui nacque (1871) e dove dal 1983 è ordinato il Museo Deleddiano è messa appositamente a disposizione di tutti coloro che ne vogliono apprezzare storia e vicende, a cominciare dagli ambienti fisici in cui visse e si formò. Foto, autografi, oggetti personali, mobili, il cortile poi ispira poesia pura e ci emoziona. Quest’ultimo, in estate, ospita manifestazioni culturali. In un’ala del museo, ben tenuto e valorizzato dal personale che vi opera, scorgiamo il Premio #Nobel che ricevette nel 1927 questa minuscola donna di buon famiglia (il padre era avvocato ed era stato sindaco di Nuoro) mentre le sue spoglie riposano in un sarcofago di granito nero nella chiesetta della Madonna della Solitudine, dove inizia il percorso che dalla città porta al suo amato monte Ortobene.
✔️SANTA MARIA DELLA NEVE. La scoviamo in posizione abbastanza decentrata, la Cattedrale di Santa Maria della Neve. Fu costruita a partire dal 1836, su progetto e sotto la direzione del frate Antonio Cano, e terminata nel 1853. Sorge su un colle che i nuoresi chiamano “sa tanchitta”, appartato rispetto ai quartieri storici di Seuna e San Pietro. Il maestoso edificio domina una vasta piazza. Quattro monumentali colonne in granito, sormontate da capitelli ionici, ne caratterizzano la facciata, così come i due campanili gemelli in cima. Fu il vescovo Giovanni Maria Bua a deciderne la costruzione, benedicendo la posa della prima pietra. Né il vescovo Bua né il progettista fra Cano, però, ne videro la conclusione causa morte.
✔️IL MONTE ORTOBENE E LA STATUA DEL REDENTORE. Saliamo sul monte Ortobene, che sovrasta Nuoro, la controlla in pratica, la protegge forse, con la Statua del Redentore che benedice questo silenzioso regno della pastorizia. Si notano oltre l’abitato, in lontananza, il monte Albo, l’Oliena e infine quello di Orgosolo. Pietre biancastre, e su quella sorta di banco, il verde scuro delle querce. Siamo su, in alto, a quota 955 metri sul livello del mare e a otto chilometri (stradali) di distanza dalla città. Ci troviamo sulla sommità del monte che domina Nuoro, quel Monte Ortobene che tanto ispirò (ma non solo lei) Grazia Deledda. I lecci davanti ai nostri occhi e il granito sotto i nostri piedi, qualche bancarella che offre datati souvenir o prodotti del territorio e caldo, tanto caldo. Vastissimo è il panorama che si domina da qui: il #Supramonte e il #Gennargentu a Sud, anzitutto, ma anche l’altopiano di Bitti e il monte Albo. Ci portiamo innanzi alla Statua del Redentore che da più di 100 anni si erge sulla vasta area che scorgiamo di fronte. Ma perché questa statua? Nel 1901 il Papa del tempo, Leone XIII, per ricordare l’Anno Santo del 1900, diede disposizione di collocare su diciannove vette d’Italia, tanti sono i secoli della Redenzione, altrettante statue o croci dedicate al Cristo Redentore. La scelta per la Sardegna ricadde proprio su questo monte e la realizzazione della scultura fu affidata all’artista Vincenzo Jerace, calabrese di origine, ma napoletano d’adozione. “Un’opera d’arte e non una statua qualsiasi”, questa fu la richiesta del comitato di notabili nuoresi che si accordò con l’artista che rese la sua opera a titolo gratuito, tolte le spese per la fusione del bronzo ed il trasporto dell’opera dalla Campania fino alla cima dell’Ortobene. L’inaugurazione della Statua avvenne il 29 agosto del 1901, ma Jerace non poté prendervi parte per la contemporanea scomparsa della moglie, la contessa Luisa Pompeati di soli 27 anni d’età. Non tutti sanno che sul palmo della mano del Redentore vi è incisa questa scritta: ”A Luisa, morta mentre il suo Vincenzo la scolpiva”. La statua divenne subito oggetto di grande devozione popolare ed è all’origine di una delle manifestazioni folcloristiche principali del nuorese: per la festa del Redentore, infatti, alla fine di agosto, si svolgono processioni nei costumi tradizionali, accompagnati da musiche e danze.
✔️Si conclude quindi in altura la nostra tappa nell’affascinante terra di Nuoro. Forse il senso dello Stato ha tardato a giungere tra questi monti ma oggi, per quel che vediamo, Nuoro si muove, vive e vuole scoprirsi al visitatore senza pregiudizi. Ci sarebbe stato tanto altro da vedere in zona. Strada facendo verso sud, sorge il rammarico di non aver potuto fare tappa ad Orgosolo con i suoi murales e il suo difficile passato fatto di cronaca e poi il suo Supramonte, in particolare, ma ci consola il rammentare che il nostro Viaggio in Italia è in infinito itinere. Qui, prima o poi, si ritornerà.
fonte – https://www.facebook.com/ilviaggioinitaliadiantonio/posts/573381813303457
Antonio Virduci