«La libertà tende all’obesità». La fulminante battuta di quel genio che è stato Leo Longanesi, nell’evidenziare i rischi insiti nel bulimico trasformarsi della libertà in assenza di regole giuridiche ed etiche, coglie anche un altro aspetto della vita della società contemporanea: in poco più di trenta anni, cioè tra il 1975 e il 2016, il numero nel mondo di bambini e adolescenti obesi è aumentato da 11 a 124 milioni per colpa del marketing aggressivo che sin da piccoli spinge verso fast food, bevande zuccherate, alcol e tabacco.
Il dato è emerso dal Rapporto di Unicef, Oms e Lancet. In Italia si stimano più di due milioni di giovanissimi obesi, circa un quarto della popolazione tra i 3 e i 17 anni. Secondo gli studiosi ad incidere è l’abbandono dei principi della dieta mediterranea: si consumano sempre meno frutta e verdura, sempre più cibi processati, poveri sul piano nutrizionale. A questo punto, per gli esperti, si è giunti a causa dello strapotere delle industrie alimentari multinazionali, che – usando come un grimaldello la liberalizzazione del commercio – favoriscono modelli in cui i fanciulli sono trasformati in contenitori da riempire di cibo, invece che di attenzioni. È come se il mondo si dividesse in due: da una parte l’umanità malnutrita e affamata, dall’altra quella supernutrita. Che non sia più solo una questione geografica lo ha sottolineato fa papa Francesco: i 700 milioni di persone in sovrappeso sono «vittime di abitudini alimentari sbagliate, non sono più semplicemente emblematici della dieta dei popoli dell’opulenza, ma iniziano ad abitare anche in Paesi a basso reddito, dove si continua a mangiare poco e male, copiando modelli alimentari delle aree sviluppate». Le conseguenze? Sono evidenti e drammatiche, sul piano fisico e quello spirituale: il troppo avere, proprio come la libertà che tende all’obesità, porta l’interiorità a farsi esangue, mentre lo spirito si intisichisce e la mente si ottunde. «Serve uno stile di vita che ci permetta di coltivare un rapporto sano con noi stessi, con i nostri fratelli e con l’ambiente in cui viviamo», osserva il Santo Padre.
Probabilmente, è l’unica strada possibile: la sobrietà non è solo un impegno di carità fraterna verso i miseri, bensì anche un atto di auto-educazione e di trasformazione personale, passando dall’istinto brutale vorace al dominio di sé. Si tratta, insomma, di coltivare stili di vita ispirati ad una visione riconoscente di ciò che ci viene dato, cercando temperanza, moderazione e solidarietà, con maggiore attenzione ai bisogni dell’altro. Ancora papa Francesco, illuminante: «Così come è necessario il coraggio della felicità, ci vuole anche il coraggio della sobrietà».