Comando Provinciale Brescia
I Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Brescia, coordinati dalla locale Procura della Repubblica, hanno scoperto e recuperato 4 milioni di euro di “fondi neri” intestati a un operaio bresciano che formalmente vive di una sola pensione mensile di 1000 euro. Le indagini del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria hanno consentito di ricostruire la provenienza (illecita) di tale cospicua somma. Più nel dettaglio, il genero dell’operaio, imprenditore bresciano, aveva commesso per anni reati tributari di varia natura, a fronte dei quali era stato anche condannato per associazione a delinquere nell’ambito di una maxi-frode fiscale perpetrata nel settore del commercio dei rottami metallici. Proprio in virtù della condanna ricevuta il genero si era adoperato ad allestire una “cassaforte”, ben nascosta, dove far confluire i proventi dell’evasione fiscale. Tale “cassaforte” era costituita da un “forziere bancario estero”, ovvero un insieme di conti correnti e altri rapporti giuridici collocati oltre confine. Numerose “serrature” garantivano l’inviolabilità del denaro occultato:
- una prima “serratura” era costituita, appunto, dal posizionamento estero del “bottino”. Il provento dei reati tributari era stato a suo tempo “monetizzato”, ovvero trasformato in denaro contante, fisicamente trasferito in Svizzera e ivi depositato;
- in un secondo momento, il denaro era stato intestato al suocero prestanome, al fine di scongiurare la riconducibilità dello stesso al titolare effettivo;
- quale successivo passaggio, era stata creata una Fondazione fittizia con sede a Vaduz, in Liechtenstein, cui trasferire ulteriormente i proventi illeciti;
- dalla Fondazione il denaro era stato trasferito, da ultimo, ad una polizza vita di diritto bermudiano.
In sintesi, il denaro generato indebitamente nel bresciano attraverso numerosi reati tributari, era stato trasferito con una serie di passaggi – coinvolgendo, a vario titolo, Paesi esteri ossia la Svizzera, il Liechtenstein, e le Isole Bermuda, territorio d’oltremare britannico – al fine di ostacolare la ricostruzione della provenienza illecita. In data 24 Settembre 2015 l’operaio in pensione presentava all’Agenzia delle Entrate istanza di accesso alla voluntary disclosure, normativa che consentiva ai contribuenti, detentori di attività finanziarie e patrimoni all’estero, di sanare la loro posizione amministrativa e penale con l’Erario. L’operaio bresciano procedeva così allo smobilizzo della polizza bermudiana, trasferendo il denaro sui propri conti correnti italiani. Da qui comincia l’indagine delle Fiamme Gialle. I Finanzieri hanno approfondito il profilo reddituale e patrimoniale del soggetto e del suo nucleo familiare, rivelatosi totalmente incompatibile con le operazioni di rimpatrio effettuate sui capitali esteri, in quanto l’ex operaio risultava percepire una pensione da 1000 euro, essere proprietario di un’utilitaria di modico valore, di un appartamento di classe economica ed avere un basso tenore di vita. Gli investigatori, pertanto, al fine di capire la provenienza dei capitali oggetto di rimpatrio, hanno avviato un’analisi dei flussi finanziari riconducili al soggetto, anche attraverso la collaborazione internazionale, in particolare con le Autorità elvetiche, risalendo fino alla reale origine dei fondi oggetto di voluntary disclosure. Si è, dunque, scoperto, come accennato in precedenza, che questi 4 milioni di euro erano il “bottino” di un’associazione per delinquere dedita alle frodi fiscali. Tale tipo di reato – per la sua gravità – non rientrava nella “copertura” penale garantita dalla legge. Pertanto, il rimpatrio si è rivelato un boomerang per il contribuente: da un lato, l’evasore pensava di “sistemare” definitivamente tale provvista di denaro sfruttando la normativa sul rimpatrio dei capitali, dall’altro lato, la normativa medesima non garantiva alcuna copertura nel caso di specie. Insomma, una vera e propria disclosure rivelatasi “sbagliata” (wrong) per il contribuente, da qui il nome dell’operazione. Al termine delle indagini, le Fiamme Gialle bresciane hanno proceduto al sequestro per equivalente per un valore di oltre 4 milioni di euro, di liquidità, strumenti finanziari, polizze e beni immobili riconducibili all’indagato quale provento dei reati contestati.