Nei guai ristoratori del Canton Ticino. L’Agenzia Federale delle Dogane denuncia sette persone: cinque esercenti accusati di ricettazione
I traffici illeciti che vedono il nostro Paese come luogo d’origine o di transito non riguardano solo prodotti ritenuti normalmente illegali come armi, droga e sigarette. Perché a finire nel mirino delle autorità possono essere anche prodotti tipici come limoncello, salumi, olio e carne fresca. A giungere a queste conclusioni è stato un’importante operazione effettuata dalla Amministrazione federale delle dogane (AFD) della vicina Svizzera che nelle scorse ore ha reso noti gli esiti di un’indagine sul contrabbando di generi alimentari che ha portato al sequestro di oltre due tonnellate di merce non dichiarata, reperita in alcune attività commerciali ticinesi. L’inchiesta, in particolare, ha riguardato 13 pubblici esercizi del Canton Ticino che tra il 2016 ed il 2017, hanno ordinato, ricevuto e smerciato nell’ambito della propria attività in Svizzera oltre 2 tonnellate tra salumeria e carne fresca, 120 litri di olio d’oliva e 75 litri di limoncello: tutta merce importata senza alcuna prova di tracciabilità né pagamento dei dovuti tributi. Da quanto si apprende dalla stampa elvetica, è emersa una vera e propria organizzazione dedita al contrabbando di questi alimenti. Un trasportatore avrebbe utilizzato valichi incustoditi con la complicità di un soggetto compiacente che dietro compenso, gli permetteva di facilitare il passaggio del confine senza incappare in controlli dei collaboratori dell’AFD. Peraltro, i titolari delle imprese avrebbero ordinato la merce direttamente al soggetto che si occupava del trasporto e la pagavano in contanti, una volta consegnata, senza il rilascio di alcun giustificativo. Le importazioni si sono susseguite con regolarità per quasi due anni (2016 e 2017); il trasporto della merce avveniva con veicoli privati non equipaggiati di impianto frigorifero che – secondo la legislazione vigente anche in Svizzera riguardante le derrate alimentari – è obbligatorio per questo genere di trasporto. Ben sette sono, infatti, gli atti di accertamento pervenuti ai principali incolpati che rischiano ora pesanti sanzioni. Multe minori sono già state inflitte a cinque esercenti accusati di ricettazione. L’AFD ha chiesto in modo retroattivo poco meno di 40 mila franchi svizzeri di tributi. Un’indagine che per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” la dice lunga sul valore dei prodotti alimentari “Made in Italy”, la cui tutela dev’essere il faro guida di ogni Nostro governo che, ci auguriamo, dopo questa notizia, intensifichi attraverso le autorità deputate, i controlli ai valichi con la Svizzera per evitare che si perpetuino questi comportamenti.
C.S. Giovanni D’Agata – Sportello dei Diritti