Libano. Fermati in mare e incarcerati, siriani denunciano violenze

Fonti A ‘Dire’: Imbarcazione segnalata da Caschi Blu Unifil

(DIRE) Roma, 30 Set. – Un gruppo di 41 migranti avrebbero trascorso giorni rinchiusi prima in un carcere dei servizi di intelligence libanesi, in una localita’ sconosciuta, e poi in un centro di detenzione dell’esercito, per aver cercato di raggiungere via mare l’isola di Cipro. Lo riferiscono fonti locali alla ‘Dire’, spiegando che a denunciare il gruppo alle autorita’ libanesi sarebbero stati i caschi blu di Unifil, la missione Onu in Libano, di cui anche l’Italia e’ parte.
Stando alle stesse fonti, il personale Unifil stesso ha chiarito la propria identita’ ai migranti – tra cui 38 siriani e tre libanesi. Il contatto e’ avvenuto alle due circa del mattino del 18 settembre a 35 miglia dalle coste libanesi, quindi in acque internazionali.
Subito dopo il gruppo e’ stato raggiunto dalla Marina libanese, che ha riportato i migranti a Tripoli. Una volta catturati, i migranti sono stati trasferiti in un centro dei servizi di intelligence, in una localita’ rimasta ignota. I funzionari hanno interrogato tutti, anche le 14 donne e i dieci bambini, mentre gli uomini riferiscono di aver subito percosse.
Dopo 15 ore tutti i migranti sarebbero stati trasferiti nel centro di detenzione di Chekka, localita’ da cui la piccola imbarcazione era partita, di competenza delle Forze di sicurezza libanesi (Internal Security Forces, Isf). Donne e bambini sarebbero stati liberati di notte senza cibo, denaro o alcuna forma di assistenza. Quanto agli uomini, avrebbero potuto lasciare le proprie celle solo due giorni dopo.
La vicenda che le fonti locali hanno raccontato alla ‘Dire’ coincide in parte con una notizia circolata su varie testate libanesi, che riportano la nota diffusa dalle Isf: nella notte tra il 17 e il 18 settembre la Marina ha intercettato una imbarcazione con a bordo 41 persone, di nazionalita’ sia siriana che libanese, tra cui 14 donne e dieci bambini, a 15 miglia dalle cose nazionali. Non viene fatta menzione pero’ del coinvolgimento di Unifil.
Secondo le fonti della ‘Dire’, la vicenda appare grave per due ragioni: il Libano non ha firmato la Convenzione internazionale per il rifugiato e pertanto non riconosce l’asilo politico a chi fugge da guerre o persecuzioni, come nel caso dei siriani.
Pertanto, i caschi blu, allertando le autorita’ libanesi, avrebbero violato il diritto internazionale.
Inoltre, se fosse confermato che il gommone e’ stato intercettato a 35 miglia dalla costa – anziche’ 15 come riportato dalle fonti militari – si tratterebbe di un ulteriore abuso in quanto non trattandosi di acque libanesi la vicenda non sarebbe stata di competenza delle autorita’ di Beirut.
In Libano si troverebbero al momento oltre un milione di siriani, fuggiti alla guerra che prosegue dal 2011. Varie organizzazioni internazionali negli ultimi tempi hanno denunciato un inasprirsi degli abusi sui profughi in Libano – tra cui rimpatri in Siria, distruzione dei campi profughi e arresti arbitrari – incoraggiando la comunita’ internazionale a intervenire, e a considerarlo Paese non sicuro.
(Alf/Dire) 19:12 30-09-19

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