Melchionno – Di Niola: Servono più risorse
(DIRE) 24 Set. – Oltre cinquanta giorni in piu’ di Bolzano, 45 in piu’ di Trieste, ma anche piu’ di Firenze, Napoli e Bari. Non e’ un podio gratificante quello su cui sale la Capitale, terz’ultima, seguita solo da Bologna e Reggio Calabria, nella classifica nazionale tra le citta’ piu’ tartassate d’Italia. Tra Imu, Tari, Tasi e le altre imposte, i romani passano i primi 245 giorni dell’anno a lavorare solo per pagare le tasse. Un peso da cui i cittadini si sono liberati lo scorso primo settembre, che e’ diventato cosi’ il Tax free day. Una data che la Cna di Roma festeggia insieme ai suoi iscritti, tanto piu’ che quest’anno arriva dieci giorni prima del 2018. Certo, la Capitale e’ ancora lontana dalla media italiana, che vede gli imprenditori celebrare il Tax free day il 5 agosto, e da Bolzano, prima citta’ a liberarsi delle tasse l’11 luglio. Un dato, quello di Roma, che segna ancora una volta la difficolta’ di essere Capitale. “Cna ritiene che il dibattito su Roma e sulla tassazione debba assumere trasparenza e serieta’- ha detto il segretario della Cna di Roma, Stefano Di Niola- perche’ adesso non e’ noto alle imprese e alla cittadinanza. Un dibattito trasparente potrebbe consentirci di portare il nostro contributo.
E poi- ha aggiunto- il sistema di riscossione e’ ancora fallace, perche’ non riesce a imprimere una accelerazione e questo non e’ solo un problema di evasione”.
Il risultato e’ che a Roma gli imprenditori, artigiani e non, aspettano 245 giorni prima di arrivare a smettere di lavorare per pagare fisco e contributi. Secondo il calcolo elaborato dalla Cna nazionale attraverso l’Osservatorio permanente della tassazione sulle piccole e medie imprese di tutta Italia, infatti, la data del Tax free day divide in due parti la situazione delle imprese romane: la piu’ considerevole e’ rappresentata da 245 giorni dedicati al fisco, mentre solo una parte decisamente piu’ piccola di risorse resta in casa, pari a 120 giorni.
È questo il destino di una attivita’ tipo che opera a Roma, come per esempio una ditta individuale con un laboratorio artigiano di 350 metri quadrati, un negozio destinato alla vendita di 175 metri quadrati, macchinari, attrezzature, mobili e macchine d’ufficio, un automezzo per il trasporto e 5 dipendenti.
Tolti i costi per macchinari, stipendi per 4 operai e un dipendente e altre spese, il reddito del titolare, prima delle imposte deducibili, e’ di 50mila euro. Dopo, all’impresa ne restano 16.482 (erano 17.139 nel 2011). In termini percentuali, dunque, il 67% del reddito finisce versato al fisco (era il 69,4% l’anno scorso). Circa meta’ di queste tasse e imposte finisce nelle casse di Comune e Regione, di cui 11.650 euro solo per Imu, Tasi e Tari.
“L’ente locale puo’ migliorare l’efficacia delle riscossioni e l’assessore Lemmetti e’ al lavoro su questo aspetto, mentre per quanto riguarda le trattative con il Governo abbiamo portato richieste puntuali”, ha spiegato l’assessore capitolino allo Sviluppo economico, Carlo Cafarotti, che sui trasferimenti in termini di servizi ai cittadini ha osservato: “Non sono in linea con le altre citta’, dunque Roma non e’ privilegiata. Una cosa su cui stiamo lavorando e’ la tariffazione puntuale della Tari per le utenze non domestiche. Ma Roma- ha detto infine- sara’ sempre nella parte bassa della classifica finche’ non ci saranno forme diverse di compartecipazione dello Stato”.
Tant’e’, “i dati dimostrano quanto sia difficile fare impresa a Roma che vive il disagio di essere dalla parte sbagliata della classifica, piu’ vicina a Reggio Calabria che a Bolzano- ha aggiunto Valeria Baglio, consigliera dem in Campidoglio e vicepresidente della commissione Bilancio- Come Pd guardiamo molto al problema dello sviluppo infrastrutturale della citta’, cosi’ come all’efficienza amministrativa e al miglioramento del rapporto tra Stato e cittadino”.
Anche secondo Davide Bordoni, altro membro della commissione Bilancio in quota Fi, Roma “non si puo’ accontentare del 139esimo posto in classifica. Dobbiamo mettere in campo delle riforme, ecco perche’ e’ stato importante aver lanciato il progetto Roma 2030. Investire e’ fondamentale, ci dobbiamo concentrare su Roma Capitale, una riforma interrotta che va ripresa perche’ e’ la strategia per far ripartire la citta’. Roma deve essere a statuto speciale, e’ fondamentale”.
Eppure c’e’ da festeggiare, visto che fino al 2014 le imprese romane erano le piu’ tartassate d’Italia. Tra tutte le voci che hanno contribuito al miglioramento, l’Irap e’ rimasta stabile e quest’anno costa a un’impresa tipo 2.988 euro (rispetto ai 3.109 del 2015) e le addizionali, come l’Irpef, sono scese.
“Questi numeri sono uno strumento oggettivo su cui ragionare e attraverso cui confrontarci con i politici in modo maturo- ha detto infine il presidente Cna Roma, Michelangelo Melchionno- Roma non solo non e’ attrattiva, ma e’ anche disincentivante per le imprese perche’ ha ancora il livello di tassazione tra i piu’ elevati per le imposte comunali e regionali. E poi i cittadini romani non possono essere gli unici a pagare per Roma Capitale.
La citta’ deve essere aiutata con strumenti sovracomunali e sovraregionali”. Anche perche’ accanto alle imposte dirette ci sono quelle indirette. “Come il traffico- ha detto ancora Melchionno- che incide per circa 10mila euro l’anno- per non parlare della doppia tassa che le imprese devono ancora versare per i rifiuti speciali, nonostante la promessa dell’assessore Lemmetti. Speriamo che la tendenza all’abbassamento della quota di tasse sia costante e che le amministrazioni comunale e regionale possano rivedere le addizionali per cercare di non far scappare le aziende”.
(Dip/ Dire) 15:25 24-09-19