“Le Muse –Laboratorio delle Arti e delle Lettere” al Cortile delle Muse di Via San Giuseppe 19, ha organizzato il penultimo appuntamento estivo della programmazione in occasione della presentazione di un periodo storico molto particolare: 1880 – 1956 da Santo Stefano d’Aspromonte a New York, una storia d’affari, crimini e politica, ovvero “Quando la ‘Ndrangheta scoprì l’America”, racconto della mutazione della ‘ndrangheta in terra americana e del processo di avvio che ha portato l’organizzazione malavitosa ad essere una delle mafie più potenti e pervasive del mondo.
Un libro edito da Mondadori, scritto da Antonio Nicaso, Maria Barillà e Vittorio Amaddeo e che vede la prefazione del Procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, dunque un testo importante che rende onore a due reggini illustri Barillà e Amaddeo che dopo anni di studio hanno ricostruito non un romanzo, non un racconto, ma la storiografia del fenomeno della “picciotteria” in terra americana, come ha ribadito in apertura di serata il presidente Muse Giuseppe Livoti.
L’avvocato Francesca d’ Agostino vice presidente, ha esordito nella sua introduzione sul senso della costruzione di un domani migliore e di come la figura, oggi di Nicola Gratteri, debba essere un esempio a tutti gli uomini di legge: occorre conoscere quello che è stato il ruolo della ‘ndrangheta ma al tempo stesso combatterla con l’esempio ed oggi più che mai occorre essere cittadini responsabili in una regione dove i cosiddetti “colletti bianchi” decidono in maniera negativa le sorti dei territori.
Un libro questo che ha una lunga storia, ricorda Mirella Marra già direttrice Archivio di Stato di Rc, perché su indicazione di Antonio Nicaso massimo esperto di storia sociale della Calabria dalla prima metà del ‘900, occorreva una squadra di autori con la voglia di fare e la necessità di regolamentare documenti di -fondi d’archivio- importantissimi. La Marra si è soffermata sull’incontro casuale con il prof. Nicaso tanti anni fa e di come, al momento del trasferimento del noto intellettuale a Toronto, lui stesso aveva lasciato un vuoto da colmare, ovvero lo studio di alcuni documenti da ricostruire scientificamente. Vittorio Amaddeo e Maria Barillà si inserirono così in tale lavoro poiché, nel tempo, frequentando l’Archivio di Stato di Rc, avevano dimostrato la loro reale passione, la loro predisposizione per le carte e quindi erano le persone giuste per iniziare a pensare ad una ipotetica pubblicazione.
Maria Barillà e Vittorio Amaddeo si sono soffermati sul loro lavoro e sacrificio di studio, poiché tale libro, definisce quelle incognite fino ad ora poco studiate che vedevano alla fine dell’800, il sistema malavitoso tra sopraffazione e sopruso. Il libro mette in evidenza un cambiamento, una nuova pelle che condusse la mala vita ad aprire nel nuovo mondo americano delle vere e proprie agenzie a servizio hanno sostenuto i due studiosi. Arcaica e stracciona, dedita alla sopraffazione e al sopruso, la Picciotteria calabrese di fine Ottocento sembrava destinata a rimanere ancorata ai miti, ai riti e ai codici di comportamento nati nelle carceri borboniche sul calco di quelli delle società segrete risorgimentali. E invece, proprio allora, inizia una rivoluzione silenziosa che trasformerà il suo volto rurale in quello imprenditoriale della ‘ndrangheta odierna, spregiudicata e spietata multinazionale del crimine, capace di adeguarsi alle mutevoli sfide del mercato globale. A innescare questa metamorfosi a cavallo dei due secoli è la «scoperta» dell’America. Sbarcati nel Nuovo Mondo insieme a decine di migliaia di onesti braccianti, i «maffiosi» calabresi, a differenza dei meno accorti confratelli siciliani e campani, scelgono il basso profilo per ricostituire la loro rete malavitosa, fatta di capi, gregari e leggende (su tutte, quella del «brigante» Musolino), che lucra lauti profitti sulla pelle dei lavoratori italiani (come i minatori di Carbondale, in Pennsylvania) e di centinaia di giovani immigrate indotte a prostituirsi nei resort di Manhattan e di Chicago, prima di reggere le fila del commercio clandestino di alcolici e del narcotraffico. Nasce così la ‘ndrangheta imprenditrice d’oltreoceano, che stringe mani, stipula accordi e riesce a infiltrarsi nel sancta sanctorum delle élite sociali, a partire da Tammany Hall, potente macchina elettorale del Partito democratico nonché padrona incontrastata di New York, con la quale instaura un rapporto di mutua assistenza: voti in cambio di protezione e favori. Fino a proiettare pesantemente la sua ombra sulla scena del delitto Petrosino. Una volta tornati in Calabria, saranno gli «americani» a imporre all’organizzazione la nuova strategia criminale (controllo del territorio e collusione con politica e istituzioni), avviando quel processo che, in pochi decenni, farà della ‘ndrangheta una delle mafie più potenti e pervasive al mondo. Dunque dichiara il presidente Muse Livoti un plauso agli studiosi per il lungo lavoro di ricerca e soprattutto per avere fatto conoscere una vastissima mole di documenti, in gran parte inediti, ricostruendo per la prima volta la storia di questa mutazione criminale della ‘ndrangheta in terra americana. Suggestive le sensazioni nella lettura da parte di Clara Condello della trasposizione di alcuni stragi da quella di Pellaro del 4 settembre del 1910 con la tragica fine della famiglia Rogolino, o ancora l’alleanza tra i Filastò ed i Musolino o il traffico di lusso delle schiave bianche, o le pressioni fatte per l’elezione a suo tempo di Biagio Camagna, descrizioni da fonti che per la ricchezza di particolari e finalità, sembrano alludere a romanzi lontani nel tempo, ma che romanzi in verità non sono. E proprio per questo il libro è importantissimo per la sua crudezza e realtà storica.