De Luise: no a ‘tasse sui contanti’ e a penalizzazioni, con un incentivo si può arrivare ad avere il 50% di pagamenti in moneta elettronica in 3 anni. E rilanciare di 8 miliardi di euro i consumi
Un credito d’imposta del 2% sugli acquisti per chi usa carte di credito e bancomat, per rilanciare i consumi e portare in tre anni dal 17% al 50% del totale la quota di pagamenti in moneta elettronica. È quanto propone l’Ufficio economico Confesercenti per favorire la modernizzazione e la tracciabilità dei sistemi di pagamento in Italia, senza costi per consumatori e imprese e partendo da un’analisi obiettiva della situazione.
I pagamenti elettronici in Italia raggiungono quasi i 200 miliardi di euro; la quota degli acquisti in contante è di 7 punti percentuali sopra la media europea: un gap degno di nota, ma non drammatico. Anche perché il mercato continua a spingere le transazioni cashless: anche in assenza di obblighi e sanzioni, tra il 2017 ed il 2018 i pagamenti con carta di debito sono aumentati del 15%, quelli con carte di credito del 22%. Tra il 2012 e il 2018 il numero di Pos è cresciuto del 112%, arrivando ad oltre 3,1 milioni.
Per aumentare ancora la diffusione di moneta elettronica e ridurre il gap con l’Europa, Confesercenti propone l’istituzione di un incentivo per i consumatori, costituito da uno sconto di premio del 2% sugli acquisti effettuati con carte o altre forme digitali, che verrà restituito come credito di imposta. Una misura che peserebbe sulle casse dell’Erario meno di quanto sembra: a regime, costerebbe circa 9 miliardi di euro l’anno; ma l’agevolazione fiscale, sotto forma di maggiore disponibilità delle famiglie, può creare circa 8 miliardi di euro di nuova spesa, da cui il Fisco recupererebbe a sua volta circa 4 miliardi tra Iva e imposte sui redditi.
A questi, si aggiungono sia il gettito recuperato con l’emersione della base imponibile, sia i risparmi diretti dovuti ad una minore circolazione del contante e delle monete. Per lo stesso motivo, si potrebbe valutare di condividere l’onere dell’operazione con il settore bancario, che a sua volta – come lo Stato – recupererebbe i costi grazie alla maggiore efficienza dovuta ad una più larga diffusione della moneta elettronica.
All’incentivo per i consumatori, deve però accompagnarsi l’azzeramento delle commissioni bancarie sui micro-pagamenti sotto i 30 euro. Nel commercio, l’importo medio delle transazioni con contanti è di 13,57 euro, ed è ancora più basso nei pubblici esercizi. Per gli esercizi di piccole dimensioni la gestione ed installazione del Pos presentano anche dei costi fissi di ammontare elevato rispetto al fatturato che necessiterebbero, quindi, di un sostegno specifico, anche nella forma di credito d’imposta. Va poi estesa la diffusione di carte contactless, senza le quali i pagamenti di piccole entità diventano impossibili. Per alcune categorie di esercizi caratterizzate da pagamenti di piccola entità – come i gestori carburanti, bar, tabacchi, edicole – le commissioni della moneta elettronica arrivano, in alcuni casi, ad annullare completamente il margine.
“La maggiore diffusione di moneta elettronica è un obiettivo che dobbiamo tutti perseguire. Ma la ricetta non può essere quella di bastonare i consumatori che prelevano contanti”, commenta la Presidente di Confesercenti Patrizia De Luise. “La crescita dei consumi è tornata ai minimi degli ultimi anni, e rimane l’interrogativo dell’Iva. Diciamo quindi no a penalizzazioni sui contanti: per una volta, scegliamo la carota e favoriamo la moneta elettronica dando un vantaggio ai consumatori. Allo stesso tempo, affrontiamo il nodo delle commissioni sui piccoli pagamenti e quello delle infrastrutture: in alcune zone del nostro Paese ci sono ancora gravi problemi di copertura, un fatto che non può essere ignorato, ciascuno deve essere libero di poter pagare in contanti o con moneta elettronica. La moneta elettronica deve essere più conveniente del contante”.
C.S. Confesercenti