Reggio Calabria. Storia di una morte di “crepacuore”

riceviamo e pubblichiamo

Chi scrive è un figlio disperato, affranto dalla perdita ingiustificata della propria madre, stretto nel dolore e abbracciato alle sue sorelle descrive quanto accaduto. Una Domenica sera come tante altre intorno alle 21 venivo chiamato da una vicina perché, quest’ultima aveva sentito un grande tonfo e mia madre che si lamentava. Accorso quasi immediatamente trovo mia madre riversa in terra e dolorante. Si attiva la macchina dei soccorsi e nello spazio di poco giunge sul posto il 118 . I soccorritori decidono nell’immediato il trasporto in Pronto Soccorso senza metterle il collare, senza un tutore che le potesse sostenere il braccio anzi improvvisando un tutore con delle garze che avevano. Arrivata in ospedale vengono fatti gli esami routinari e dopo un paio d’ore le lastre.

Responso: rottura del femore, dell’omero, del radio. Si predispone il prima possibile il ricovero. Il medico del reparto ci fa capire “a mezze parole” che forse è meglio trasferirla in un altro istituto visto che la tempistica dell’intervento si sarebbe protratta per più di 15 giorni, affermando che il reparto in questione era saturo d’interventi. Anche qui niente tutore per bloccare il braccio ma un bendaggio di fortuna. Mia madre soffriva e vomitava e il personale non faceva altro che ripeterci che era troppo ansiosa.

Il Martedì, dopo diverse peripezie viene predisposto un trasferimento a nostre spese dopo aver firmato le dimissioni. Arrivati in un’altra struttura vengono fatti nuovamente tutti gli esami del caso e ricoverata, qui increduli del fatto che fosse senza tutore ne viene procurato immediatamente uno a nostre spese e ci hanno rassicurato dicendo che il giorno dopo sarebbe stata sicuramente operata. Intanto mia madre continuava a vomitare e a gridare per il dolore. Ma era “solo ansia per intervento del giorno dopo” dicevano…”,  ernia iatale” “troppi antidolorifici”. Dalle 18 alle 22:30 è stato un continuo gridare, soffrire e vomitare. Torno a casa con il benestare dei medici: “È stato fatto un calmante adesso non grida più” rassicurandomi. Alle 02.40 ricevo una chiamata, mamma non sta bene.

Arrivo in 2 minuti apro la porta della sua stanza … e mamma non c’è più. È morta. Incredulo guardo gli infermieri che piangono assieme a me.  È morta di dolore, sola e non nella sua casa, aveva paura. Voleva vivere. Non doveva andare così.  Approfittiamo del web per gridare il nostro dolore.  Ci poniamo delle domande le cui risposte ci lasciano tanto amaro in bocca:
Come mai, una struttura di pronto soccorso pur avendo un triage rosso non si attiva per intervento chirurgico d’urgenza? 
Perché non viene messo subito un tutore bensì un legaccio di fortuna? 
Perché su una paziente con diverse fratture non viene iniettata della morfina per stabilizzare il corpo e non sottoporlo a stress post traumatico? 
Perché non vengono fatti gli enzimi cardiaci? 
Perché tantissime ore di dolore poi decidere di attivare 118 , decisione presa fuori tempo limite? 
Poi… preso da un cinismo ragionato perché i medici e gli infermieri piangevano con me? 
Per la bella faccia di una povera signora o forse perchè si erano resi conto che avevano sbagliato completamente tutto.
Questo messaggio di dolore sicuramente verrà  letto agli addetti ai lavori ai nostri medici.  Un paziente in ospedale si sente protetto ed il vostro lavoro non è come quello di tutti gli altri, voi “possedete” il dono della vita. Forse qualcuno si farà due conti e capirà che avrebbe potuto fare di più ..
Secondo noi, che abbiamo vissuto questa dolorosa vicenda, è un altro caso di malasanità.  Io e le mie sorelle non abbiamo proceduto penalmente solo esclusivamente per rispetto del corpo di mia madre. Però con il nostro dolore  preghiamo che codesta gente non faccia altri danni.

Ciao mamma e scusaci ti avevamo tranquillizzata ed invece ti hanno ….

Riposa in pace.

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