In Calabria la gestione del ciclo dei rifiuti è fortemente limitata da meccanismi che impediscono di portare avanti strategie idonee ad uscire dal continuo stato emergenziale. Ci si chiede se tale situazione sia frutto di incompetenza, negligenza, o sia la conseguenza negativa di scelte politiche che inibiscono la realizzazione di un sistema pubblico per il trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani.
E’ quanto dichiara in una nota il Consigliere regionale, Alessandro Nicolò. Probabilmente sarà stato un mix di componenti causali se consideriamo che in relazione al trattamento dei rifiuti urbani indifferenziati, il divieto posto dalla Regione Calabria, con propria legge, di realizzare, per un periodo pari a tre anni (2016-2018), discariche per rifiuti speciali a supporto del sistema tecnologico, aggrava ulteriormente una situazione di crisi e condiziona quotidianamente gli Enti locali nel conferimento degli scarti di lavorazione. La conseguenza è che i comuni sono “costretti” all’utilizzo dell’unica discarica esistente (ubicata a Crotone) autorizzata prima del vincolo regionale. Si è così creata una posizione di monopolio, autorizzata ad accogliere gli scarti degli impianti di lavorazione dell’intera Calabria nella propria discarica, la cui capacità è tra l’altro in via di esaurimento.
Situazione analoga per quanto riguarda il trattamento della frazione umida della raccolta differenziata, dove si riscontra la volontà di non aver saputo incidere sul sistema impiantistico, realizzando impianti nuovi o adeguando quelli esistenti (azioni queste non particolarmente difficoltose), in modo da garantire il trattamento della frazione umida. Questo ha costretto e costringe le Amministrazioni a dipendere dalla volontà degli operatori privati, unici a poter decidere, comunque con maggiore aggravio economico per i cittadini, se consentire o meno il conferimento della quantità di frazione raccolta. A ciò si aggiunga- continua l’esponente politico di FdI- in quanto direttamente collegato, che il Piano regionale gestione rifiuti (approvato a dicembre 2016) stabilisce, per la realizzazione di detti impianti, una distanza minima dagli insediamenti abitativi di 2000 metri (diversamente da quanto previsto in altre realtà, per esempio, tanto per citarne alcune, il Veneto e Lombardia.)
Il dato incontrovertibile è quello di una chiara chiusura del mercato, con ciò ledendo, altresì, il principio della libera concorrenza che già di per sé porterebbe sicuramente dei vantaggi economici per i contribuenti. Basta infatti pensare che la mancata realizzazione di impianti pubblici unitamente al blocco della concorrenza ha portato ad un innalzamento dei costi di trattamento e smaltimento dell’umido fino a 150 euro a tonnellata, a fronte di un costo pari a circa 50 euro a tonnellata negli impianti pubblici. Per quanto rappresentato, obbligata è l’azione dei sindaci che, senza alcuna possibilità di decidere diversamente, per smaltire i rifiuti organici dei propri concittadini, si trovano costretti ad emanare una serie di ordinanze contingibili e urgenti (ex art. 191 del D.Lgs. n. 152/2006), declassando i rifiuti organici, raccolti separatamente, in rifiuti indifferenziati, per poterli conferire negli impianti di trattamento. Anche questa procedura è vessatoria nei confronti dei contribuenti e in modo esponenziale crescente, in quanto vengono conferiti rifiuti raccolti in modo differenziato (con naturale maggiorazione dei costi) in impianti in cui i costi di funzionamento sono il doppio di quelli che smaltiscono l’organico. Questa situazione – conclude l’On. Nicolò- così come riscontrabile, grava sui cittadini calabresi.