Il salario minimo avrà un impatto negativo su costo del lavoro. Pur essendo condivisibile il tentativo di dare dignità economica al lavoro e combattere i fenomeni delle cooperative spurie, o degli appalti illeciti di manodopera, l’introduzione normativa di un salario minimo legale non può non impattare sul costo del lavoro delle imprese italiane, soprattutto PMI. È quanto osserva il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro nel documento presentato il 1° luglio scorso in audizione presso l’XI Commissione Lavoro pubblico e privato della Camera dei Deputati nell’ambito della discussione congiunta delle risoluzioni 7-00012 Rizzetto, 7-00215 Serracchiani, 7-00216 Segneri e 7-00234 Murelli, concernenti l’istituzione della retribuzione minima oraria. Secondo le stime elaborate dal CNO – si spiega –, con un salario minimo a 9 euro lordi l’ora e per effetto del trascinamento verso l’alto delle retribuzioni già superiori a tale soglia, si potrebbe arrivare ad un costo del lavoro di circa 12 miliardi di euro, triplicato rispetto ai 4,3 miliardi stimati dall’Istat.
Fra gli effetti negativi dell’aumento generalizzato della retribuzione: una minore disponibilità di risorse per trattamenti retributivi aggiuntivi come premi di produzione e welfare aziendale, a discapito della produttività e del benessere organizzativo; l’aumento del prezzo di beni e servizi da parte delle imprese tenute ad affrontare nuovi costi, che potrebbe vanificare i benefici sui consumi e sul potere d’acquisto che la norma sul salario minimo tende a generare; situazioni di dumping sociale con i lavoratori europei, con una nuova ondata di delocalizzazioni e una diminuzione dei già bassi livelli di investimenti esteri in Italia; lavoro sommerso; livellamento indiscriminato delle diverse tipologie contrattuali e di lavoro. Per attenuare tali effetti, il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro ritiene opportuno il pieno coinvolgimento delle parti sociali nell’identificazione del salario minimo, individuando tale importo quale quello derivante dal contratto collettivo nazionale stipulato dalle associazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative lasciando alle stesse anche il compito di individuare un salario minimo residuale nelle ipotesi di mancata applicazione dei contratti collettivi. Inoltre, contro gli appalti illeciti, sarebbe opportuno reintrodurre l’obbligo di equiparare le retribuzioni dei dipendenti dell’appaltatore a quelli dell’appaltante.