I provvedimenti scaturiscono da un’indagine, convenzionalmente nominata “Freedom”, condotta dalla locale Stazione Carabinieri e coordinata dalla Procura di Alessandria, che ha messo in luce numerosi episodi di maltrattamento nei confronti degli ospiti della comunità terapeutica sita nel comune di Gavi, tutti affetti da gravi disabilità psico-fisiche, ad opera dello stesso personale che li aveva in custodia. L’attività investigativa è partita dalla denuncia presentata ai Carabinieri dai genitori di un ospite, insospettiti dai racconti del figlio, che facevano riferimento, pur se in maniera non del tutto chiara, a maltrattamenti avvenuti ad opera del personale nei suoi confronti. Le indagini hanno consentito di ricondurre a tutti i 25 dipendenti condotte abituali e sistematiche di maltrattamento nei confronti dei pazienti.
In particolare, dalle riprese audio-video, si evince come il comportamento di prevaricazione e abuso degli operatori, quale illecito strumento di disciplina e vigilanza nei confronti dei pazienti, fosse del tutto sproporzionato e ingiustificato rispetto alle circostanze e alle disabilità individuali dei pazienti, che avrebbero invece richiesto l’applicazione di appropriate tecniche di gestione dei comportamenti problematici. La comunità residenziale, gestita da una cooperativa i cui responsabili risultano tra gli indagati anche per condotte omissive, é convenzionata con il Sistema Sanitario Nazionale, con importanti erogazioni a suo favore per l’assistenza a circa 20 adulti di varie età, provenienti anche da altre regioni d’Italia, con bisogni specifici, perché affetti da forme di autismo o altre forme di disabilità. Tra i comportamenti più gravi quelli dei 7 operatori colpiti da provvedimenti restrittivi agli arresti domiciliari, che, manifestando una certa intollerabilità e irritabilità, anche in concorso tra loro, applicavano spesso e volentieri “manovre” di contenimento a terra, intervenivano con torsioni delle braccia, nonché percosse e violenze varie, nei confronti di pazienti innocui e inermi. Non sono mancate le aggressioni verbali, fino ad arrivare a veri e propri atteggiamenti di derisione e scherno.
Dalle indagini è inoltre emerso come, esasperando le esigenze di gestione e contenimento dei pazienti, gli stessi venissero condotti in un androne, appositamente lasciato buio, con la finalità, senza alcuna comprensibile logica, di impaurirli e di scoraggiarli dalle loro condotte. Le indagini hanno inoltre fatto emergere criticità anche nella gestione della stessa comunità, come l’inflessibilità degli orari di visita di genitori e parenti, l’interdizione per gli stessi all’accesso nelle camere da letto, se non sotto stretta sorveglianza degli operatori dipendenti, l’assenza di iniziative di socializzazione e scambio con l’esterno. Al contrario, è emerso come non solo non fossero state pianificate attività attagliate al tipo di esigenza individuale degli ospiti disabili in base al loro sviluppo psico-intellettivo ed alla loro personalità, ma anche come l’attività di riabilitazione e assistenza fossero obiettivi totalmente non contemplati. Nel giro di poche settimane sono emersi comportamenti di disagio dei pazienti, al punto che qualcuno si è reso protagonista di vere e proprie “fughe” dalla struttura, sintomatiche di richieste di aiuto al mondo esterno, o di emozioni negative in genere, che potevano manifestarsi in comportamenti a loro volta problematici nei confronti degli altri ospiti della struttura.