Esecuzione di ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 1 persona e contestuale sequestro di 7 imprese
Nella mattinata del 15 aprile, nelle provincie di Reggio Calabria, Latina e Cosenza, i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria hanno dato esecuzione a due distinte ordinanze di applicazione di misure cautelari personali e reali, emesse dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della Procura distrettuale reggina diretta dal dott. Giovanni Bombardieri:
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traendo in arresto T.D., 59enne originario di Sinopoli ma residente a Reggio Calabria, destinatario della misura restrittiva in carcere con l’accusa di associazione mafiosa, in qualità di esponente della cosca “ALVARO-Pajechi” di Sinopoli;
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sottoponendo a sequestro, nel complesso, le aziende
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M. Srl di Rossano (CS);
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D. Srl di Reggio Calabria;
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M. D., ditta individuale di Reggio Calabria;
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I.di Latina;
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P.di Latina;
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I. di Delianuova (RC);
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G.di Reggio Calabria.
I due provvedimenti in esecuzione discendono dagli esiti di due autonome e convergenti indagini, convenzionalmente denominate “CAMALEONTE” e “A RUOTA LIBERA”, svolte rispettivamente dai carabinieri della Compagnia di Reggio Calabria e del Nucleo Investigativo, coordinati dal dott. Stefano MUSOLINO della Direzione Distrettuale Antimafia reggina.
Nell’ambito della “CAMALEONTE”, dal febbraio 2015 all’aprile 2016 è stata monitorata l’esecuzione di due distinti appalti:
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la “realizzazione della fermata di Pentimele della metropolitana di superficie” appaltato per un importo di oltre 2,1 mln € dalla società R.F.I. Spa del gruppo Ferrovie dello Stato ad un’associazione temporanea di imprese la cui mandataria è l’impresa M., riconducibile ai fratelli N. e G., entrambi indagati nel presente procedimento;
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i lavori di manutenzione straordinaria del sovrappasso di via Casa Savoia di Gallico (ex S.S. 184 Gambarie) al km 438, appaltati dall’ANAS Spa alla ditta C. Srl di Napoli per un importo netto di oltre 860mila euro.
In relazione al primo appalto, le indagini svolte sul conto dei fratelli N. e G, titolari della M.l hanno permesso di documentare come gli stessi, pienamente consapevoli del contesto geografico in cui dovevano operare (il quartiere reggino di Archi), fin dall’avvio dei lavori abbiano ricercato l’appoggio della criminalità organizzata locale, al fine di “ottimizzare” i tempi a disposizione e ridurre eventuali inconvenienti, trovandolo evidentemente nei fratelli R., V., M. e T., originari di Sinopoli.
Gli esiti delle attività tecniche e i conseguenti riscontri hanno permesso di accertare come i fratelli M. si siano prestati a:
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devolvere – celandola alla stazione appaltante – l’esecuzione dei lavori alla D. dei fratelli D., già titolari di un’altra impresa (I.C.E.S.P. Srl) interdetta nel 2013;
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assumere come operaio Vincenzo DE ANGELIS, al fine di legittimarne la presenza in caso di controlli sul cantiere;
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consentire a Michelangelo e Tommaso DE ANGELIS, quest’ultimo destinatario dell’odierna misura restrittiva poiché ritenuto intraneo alla cosca “ALVARO” di Sinopoli, di individuare tutti i fornitori, scelti fra altre imprese di riferimento ovvero fra quelle disposte ad accettare condizioni commerciali particolarmente sfavorevoli;
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agevolare l’occultamento e la spartizione dei ricavi con la D..
In sostanza, i M. hanno evitato richieste estorsive da parte della criminalità organizzata reggina e hanno tratto vantaggio dalle condizioni commerciali che la D. riusciva ad ottenere, mentre i D. hanno potuto eludere la normativa antimafia, acquisendo un appalto cui altrimenti non avrebbero potuto accedere.
Con riferimento ai lavori di manutenzione straordinaria del sovrappasso di Via Casa Savoia di Gallico, dalle indagini è emerso che la ditta individuale di M. D. – 43enne reggino ritenuto contiguo alla cosca “T.” della ‘ndrangheta cittadina, tratto in arresto nell’ambito dell’operazione “A.” e assolto nel 2015 – avesse sottoscritto, con la ditta aggiudicatrice dell’appalto, un contratto di nolo a freddo di macchinari ed attrezzature nonché un contratto per il distacco di due operai, incaricati della gestione delle attività di collaudo delle due carreggiate autostradali del sovrappasso, quale mero escamotage per aggirare la normativa vigente, subappaltando l’intera realizzazione delle opere ad un’impresa non iscritta all’“Elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa (White List)” proprio in ragione dell’allora recente arresto del M. In merito a quest’appalto, sono tuttora al vaglio della DDA reggina le posizioni di 7 fra funzionari e dipendenti della committente ANAS Spa, incaricati delle verifiche in ordine alla corretta esecuzione dei lavori, e di 4 fra amministratori e dirigenti dell’impresa aggiudicataria C., in relazione alla possibilità che abbiano consapevolmente agevolato l’impresa del M. ponendo in essere una serie di condotte mirate a celare i termini reali della sua partecipazione ai lavori.
L’attività d’indagine “A RUOTA LIBERA” trae origine dagli approfondimenti effettuati, a partire dal giugno 2013, su due lavori pubblici banditi dal Comune di Reggio Calabria:
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manutenzione stradale da effettuarsi nelle aree di alcune circoscrizioni del territorio comunale di Reggio Calabria, del valore di 1.717.446 euro aggiudicato alla I. di Latina;
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realizzazione di un circuito di piste ciclabili nel comune di Reggio Calabria, del valore di oltre 570.000 euro, aggiudicato alla P e subappaltato alla I entrambe riconducibili all’imprenditore pontino G. T..
Dal monitoraggio dei lavori è emerso difatti come il T. abbia garantito l’esecuzione di lavori pubblici ad imprese riconducibili a soggetti vicini alla criminalità organizzata: in particolare, dalle intercettazioni è emerso che i dirigenti e dipendenti della I. hanno favorito l’impresa individuale di M. D., nella consapevolezza che questi non potesse effettuare prestazioni lavorative in subappalto in ragione dell’assenza di certificazione antimafia, attraverso una serie di condotte mirate ad occultare la sua partecipazione all’esecuzione dell’appalto. Altresì le investigazioni hanno permesso di acclarare come i dirigenti aziendali, in concorso con il M., abbiamo gestito ingenti quantitativi di rifiuti derivanti dalle attività di manutenzione stradale e dalla realizzazione della pista ciclabile, interrandoli illecitamente in una porzione di terreno che costeggia una fiumara.
Inoltre, sempre in tema di commistioni con la criminalità organizzata, sono stati documentati i rapporti anche con la G., società di cui si sono avvalse sia l’I. che la P. per la fornitura dei conglomerati bituminosi e per i noli a freddo e a caldo necessari in entrambi gli appalti comunali. Anche in questo caso le società di T., al fine di favorire la G., hanno camuffato il reale volume delle forniture, facendo apparire che l’importo delle prestazioni affidate fosse inferiore al 2% del valore complessivo dei lavori, per eludere i controlli antimafia in materia di subappalti.
Anche in questo caso, l’escamotage si è reso indispensabile in relazione all’impossibilità del titolare della G. il 66enne reggino G, di relazionarsi con la pubblica amministrazione, essendo stato denunciato, in passato, per il reato trasferimento fraudolento di valori, reato ostativo all’inserimento nelle “white list” prefettizie cui le imprese appaltatrici devono attingere per individuare le ditte cui affidare i lavori in subappalto.
È tuttora al vaglio della DDA reggina il coinvolgimento di alcuni dipendenti dell’Ufficio “Progettazione ed esecuzione lavori pubblici” (ora Settore “Servizi tecnici”) del Comune di Reggio Calabria, al tempo incaricati di funzioni di controllo, verifica e collaudo dei due appalti, atteso che il complesso delle indagini ha consentito di delineare ipotesi delittuose connesse con l’attestazione dell’esatta esecuzione e della corretta documentazione a riscontro dei lavori, nonché dell’effettivo subappalto dei lavori – in violazione di legge – alle imprese G. e I.ue
Il valore delle imprese sequestrate si attesta, nel suo complesso, in 16,5 milioni di euro.
Comunicato Stampa – Carabinieri