I genitori devono essere risarciti per il danno non patrimoniale (esistenziale e morale) conseguente ai pregiudizi permanenti subìti dai figli a seguito di un incidente anche se le lesioni non sono state devastanti e l’invalido non necessita di assistenza. Viaggi di cura e spese mediche possono essere liquidati secondo equità in tutti i casi in cui le lesioni superino la soglia della “micropermanenza”
I genitori hanno diritto di vedersi risarcito il danno non patrimoniale nel caso in cui il proprio figlio sia rimasto invalido a causa di un incidente stradale anche quando i postumi riportati dall’invalido non richiedono una costante assistenza morale e materiale. Non basta soffermarsi sugli aspetti dinamico-relazionali conseguenti al trauma, ma dev’essere valorizzata anche la sofferenza interna dei congiunti, che può essere accertata anche sulla base di indizi e presunzioni. Peraltro, i viaggi di cura e le spese mediche sostenute possono essere liquidate secondo equità in tutti i casi in cui le lesioni superino la soglia della “micropermanenza”. A stabilire questi importanti principi è la Cassazione Civile con l’ordinanza 8442/19, pubblicata il 27 marzo 2019 che per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, potrà avere importanti riflessi in materia del risarcimento del danno da sinistro stradale in tutte quelle ipotesi nelle quali le conseguenze, seppur gravi, non hanno effetti completamente sconvolgenti come nei casi di invalidità assoluta o comunque prossima alla totale. Nella fattispecie, i giudici dalla terza sezione civile hanno accolto due motivi di ricorso dei genitori della danneggiata, vittima di un pauroso incidente in Prato con un autocarro mentre era alla guida di un ciclomotore. Per gli ermellini erra la Corte d’appello di Firenze a escludere il danno non patrimoniale in favore dei genitori sul mero rilievo che l’invalidità permanente della figlia non comprometterebbe lo svolgimento delle relazioni parentali perché non di «devastante» entità. Il pregiudizio non patrimoniale, infatti, non comprende soltanto il cambiamento in peggio della vita quotidiana, dunque il cosiddetto danno “esistenziale”, ma anche una sofferenza interiore che trova causa immediata e diretta nel fatto dannoso. Non vi è dubbio, infatti, che si tratti di una particolare situazione affettiva che non può essere accertata con metodi scientifici. Ma il più delle volte anche indizi e presunzioni da soli possono risultare decisivi per stabilirne la configurabilità. Infine, anchei viaggi e le spese per le cure mediche pur non essendo dimostrate nel loro preciso ammontare possono essere liquidate ai sensi dell’articolo 1226 del codice civile non solo quando le lesioni siano state «devastanti» ma anche in tutti i casi nei quali superano la soglia della «micropermanenza».
c.s. Giovanni D’Agata