“Quanto stiamo registrando intorno alle vicende delle ultime ore, inerenti l’introduzione della doppia preferenza di genere, sembra ripercorrere per grandi linee ciò che era accaduto nel 2014 quando, insieme alla collega Gabriella Albano avevamo ritenuto opportuno presentare un emendamento alla legge elettorale che potesse garantire una partecipazione tangibile delle donne alla vita politica ed istituzionale della nostra regione. Una modifica cui tenevamo in modo particolare vista la scarsa presenza, nel tempo, della componente femminile all’interno della massima assise calabrese. Quell’anno eravamo in due, oggi a portare avanti la causa vi è solo il consigliere Flora Sculco. Ma in passato la situazione non è stata diversa. Ciò vuol dire, oggettivamente, che vi è una sensibile disparità di genere nel luogo deputato a discutere, sviscerare e cercare di risolvere le problematiche di una cittadinanza che è composta, mi sembra persino inutile sottolinearlo, anche da donne. Le argomentazioni che riguardano le difficoltà di queste ultime (soprattutto in merito alla conciliazione professione – famiglia) non vengono quasi mai affrontate non per scarso interesse, ma perché un consiglio composto quasi esclusivamente da uomini potrebbe non avere la sensibilità adatta ad analizzare determinate questioni. Mi sia però permessa una considerazione: in queste ore si è toccato il limite dell’assurdo. Il centrosinistra, adesso maggioranza ma nel 2014 opposizione, aveva, in occasione dell’emendamento alla legge elettorale presentato da me e da Albano, attaccato il centrodestra per non aver voluto dar seguito a quanto dibattuto ed approvato in commissione, mentre oggi, che avrebbe potuto appoggiare in toto quello che nel 2014, appunto, sembrava necessario attuare, ha creato le condizioni perché ciò non avvenisse rimandando ancora la questione. Di fronte al doppiopesismo della sinistra, esercitato ieri e oggi e di fronte alla memoria dell’atteggiamento del centrodestra nel 2014, non resta che chiederci, retoricamente, a chi faccia paura questa norma e perché. Non è solo un iter che garantirebbe un’aura di civiltà ed un migliore accesso alle cariche elettive delle donne in piena armonia con l’ordinamento costituzionale, ma il non accoglierlo rende la Calabria inadempiente rispetto la normativa nazionale, lasciandola indietro, anche in questo contesto, nei confronti di altre regioni e ciò è inaccettabile. E’ vero, sarebbe auspicabile che non vi sia bisogno di quote per raggiungere dei risultati, come ho spesso sottolineato pubblicamente in più di un’occasione, ma è altrettanto innegabile che le basi di partenza per uomo e donna, e non solo sul piano politico, siano nettamente diverse e tutte a svantaggio, appunto, delle donne. Mi auguro che il 25 marzo la Calabria non dia alla nazione un ennesimo messaggio negativo e antiprogressista”.
Tilde Minasi