In ‘rosa’ solo 2 imprese su 10. Investire su credito e formazione, sciogliere il nodo welfare per le lavoratrici autonome
“Il rallentamento dell’economia non ferma le imprese femminili, che continuano ad aumentare anche nel 2018. Si conferma dunque il dinamismo imprenditoriale delle donne, in particolare delle attività gestite da straniere, che crescono ad un ritmo sette volte superiore alla media delle imprese femminili (+3,26% contro il +0,45%). Un incremento concentrato nel commercio e nel turismo, su cui sarebbe opportuna un’analisi più approfondita per capirne le ragioni: il boom di straniere potrebbe essere infatti legato alla necessità di trovare una alternativa alle difficoltà dell’inserimento nel mondo lavorativo dipendente, ma anche un segnale di una maggiore integrazione nei tessuti socioeconomici”. Così Anna Maria Crispino, presidente di Impresa Donna, l’associazione che riunisce le imprenditrici di Confesercenti commenta i dati Unioncamere sulle imprese femminili. “Complessivamente, comunque, la presenza femminile nell’imprenditoria italiana – prosegue la presidente – sebbene costantemente in crescita negli ultimi anni, appare ancora insufficiente: solo due imprese su dieci sono donna. La mancata valorizzazione del capitale umano ed occupazionale rappresentato dalle donne, soprattutto quelle più giovani con l’enorme potenziale di idee, talento, creatività ed energia si traduce nella perdita di una fonte straordinaria di crescita. Non si tratta solo di una questione di pari opportunità: investire sulla educazione, formazione ed inserimento delle donne nel mondo del lavoro e nei ruoli decisionali, rappresenta una strategia economica vantaggiosa e di successo per ridare slancio alla competitività e produttività del nostro Paese”. “Serve maggiore attenzione – conclude Crispino – nei confronti delle attività femminili: nel nostro Paese, e in particolare modo nel terziario, le imprese guidate da donne stanno aumentando velocemente, ma sono ancora meno longeve di quelle maschili. Per sostenerle dobbiamo mettere in campo finanziamenti e programmi specifici per un tutoraggio biennale delle nuove attività, così come è necessaria l’equiparazione del welfare previdenziale a quello delle lavoratrici dipendenti”.