Durante un’esplorazione dei ricercatori del dipartimento di Biologia dell’Università di Bari, a due miglia della costa, si trova una fitta foresta di coralli finora mai vista, unica nel Mediterraneo. Lo Sportello dei Diritti: questo complesso e diversificato habitat corallino deve essere protetto dallo sviluppo di petrolio e gas. E’ come quelle che popolano i fondali delle Maldive o di Sharm el Sheikh, nel Mar Rosso. Una nuova barriera corallina al largo delle coste di Monopoli. Durante un’esplorazione dei ricercatori del dipartimento di Biologia dell’Università di Bari, guidati dal direttore Giuseppe Corriero, a oltre due miglia sotto la superficie dell’Adriatico, fra i 40 e i 55 metri di profondità, si trova una fitta foresta di coralli finora mai vista. Come quelle che popolano i fondali delle Maldive o di Sharm el Sheikh, nel Mar Rosso. L’eccezionale scoperta è stata annunciata dalla Gazzetta del Mezzogiorno. Una vera e propria distesa di coralli finora rimasta celata all’uomo. Sulla base delle ultime osservazioni e della recente mappatura del fondo, i ricercatori hanno stimato che la nuova barriera scoperta abbia una lunghezza notevole, seppure non in modo uniforme, pari ad almeno 135 km: in direzione del capoluogo pugliese, da un lato, e fino a Otranto, dall’altro. Infatti da sempre i pescatori di palamiti e tramagli, soprattutto nell’area marina tra Cerano, Casalabate, Torre Chianca e San Cataldo, in Provincia di Lecce, ad una profondità di 50 metri, nel ritirare l’attrezzatura da pesca, hanno spesso tirato a bordo corallo vivo e spugne simili a quelle di memoria equatoriale. “È la prima volta che nel Mediterraneo si scopre una barriera così, con caratteristiche molto simili a quelle che popolano i fondali delle Maldive o di Sharm el Sheikh, nel Mar Rosso”, dice il professor Corriero al quotidiano pugliese. E aggiunge: “L’aspetto paradossale è che ce l’avevamo davanti agli occhi e non l’abbiamo mai vista”. Fino a tre anni fa, le ricerche sarebbero partite allora, quando il docente si è imbattuto in “qualcosa di strano” e ha voluto vederci chiaro. Se il modello sembra identico a quello di marca equatoriale, a rendere unica la barriera corallina pugliese sarebbero almeno due peculiarità. La prima: la profondità di circa 50 metri, stando a quanto riferisce l’esperto. Quindi l’habitat e i suoi colori: “Nel caso delle barriere delle Maldive o australiane, continua Corriero, i processi di simbiosi tra le madrepore (animali marini che costituiscono i banchi corallini) sono facilitati dalla luce, mentre la nostra barriera vive in penombra e quindi le madrepore costituiscono queste strutture imponenti di carbonato di calcio in assenza di alghe”. Ecco, dunque, i colori più “soffusi, dati da spugne policrome con tonalità che vanno dall’arancione al rosso, fino al viola”. Alla ricerca hanno partecipato anche studiosi delle Università Tor Vergata di Roma e di quella del Salento, con robot e particolari tecnologie di immersione. E per difendere il tesoro nascosto, gli stessi ricercatori avrebbero già “allertato informalmente” l’Ufficio parchi e tutela della biodiversità della Regione Puglia. Una scoperta, commenta Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, che non fa altro che prendere atto di quello che già era noto da tempo immemorabile agli amanti e professionisti del mare che frequentano i fondali del Basso Adriatico e che ci auguriamo che possa rappresentare una conferma della necessità di tutelare al massimo il nostro mare da ogni possibile aggressione perpetrata da attività umane.
Comunicato Stampa – Giovanni D’Agata – Sportello dei diritti