Il Faro della Vittoria, Trieste

Un faro che è più di un semplice faro. Definiamolo magari monumento nazionale e non esageriamo affatto, perché di questo si tratta. Ben ritornati a Trieste, la città della bora così orgogliosamente attaccata al tricolore e a tutto ciò che sa d’Italia. Svolse davvero un egregio lavoro a suo tempo l’architetto Arduino Berlam, il vero creatore di questa meraviglia a guardia del mare che sostanzialmente è una delle prime cose ad accoglierti, una volta arrivati nella città dell’alabarda.

I lavori per la sua realizzazione iniziarono nel 1923, per concludersi felicemente quattro anni dopo. Il fine dell’opera rispondeva ad una duplice esigenza: anzitutto sostituire la vecchia Lanterna del porto triestino che non era più confacente ai bisogni dell’utenza e poi il momento storico particolare, con Trieste divenuta da poco italiana e desiderosa di evidenziare, in maniera anche eclatante, il ricongiungimento alla madre patria. Pochi sanno che fu il Re d’Italia, Vittorio Emanuele III, a presiedere la cerimonia d’inaugurazione.

Assomiglia al fusto di una colonna, il Faro della Vittoria. Lo visitiamo in una bella mattina di inizio autunno, proprio nella settimana che precede la Barcolana, la celebre regata velica che coinvolge migliaia e migliaia di imbarcazioni. Al largo, infatti, si svolgono le prove generali di ciò che da qui a sette giorni andrà a monopolizzare tutto ciò che è rifondibile alla parola Trieste.

Saliamo in cima, tramite un comodo ascensore, e siamo in men che non si dica con il vento in faccia e gli occhi in Paradiso. Alla nostra sinistra la città, a destra il castello di Miramare. Davanti il mare, che qui ha un colore tutto suo. Di piombo, avrebbe detto ancora oggi Guido Piovene. Alle nostre spalle i monti, da dove nelle giornate più fredde giunge poderosa quanto gelida la Bora. E’ davvero uno spettacolo unico. In lontananza, oltre Trieste e Muggia, si nota molto bene tutta quella parte d’Istria, oggi slovena, andata perduta con la sconfitta della Seconda Guerra Mondiale. Ti stringe il cuore, ma si va oltre. L’italianità resiste nei cuori di tanti, da quelle parti. Ne riparleremo quando andremo da loro.

In cima non si sosta più di 15 minuti, poi occorre fare spazio alle altre comitive. Torniamo giù e osserviamo quindi le strutture intorno. Il faro, infatti, sorge sulle strutture del Forte Kressich, una delle più importanti postazioni dell’impero austroungarico della città, risalente alla metà dell’Ottocento. Si volle infierire sugli sconfitti, innalzando questa lucente colonna alta 67,85 metri appellandola Vittoria…

A ben vedere, vi è insito un forte valore simbolico in ogni elemento che compone il faro. La statua della Vittoria Alata, ad esempio, opera dello scultore triestino Giovanni Mayer. Essa innalza con la mano sinistra una fiaccola e con l’altra stringe una corona d’alloro. E poi le sue ali; si dice che furono progettate in maniera tale da opporre resistenza al vento, addirittura in grado di potersi flettere alle raffiche di bora più inclementi. Mayer è autore inoltre dell’imponente scultura dedicata al Marinaio Ignoto,  alta 8,6 metri e raffigurante l’immagine di un marinaio che scruta il mare. Alla base della statua è appoggiata l’ancora del cacciatorpediniere Audace, a commemorazione dello storico ingresso della prima nave italiana a Trieste, l’Audace appunto. La catena che cinge l’aiuola alla base del faro e i due proiettili posti all’entrata, invece, appartenevano alla corazzata austroungarica “Viribus Unitis”, affondata nella Base di Pola nel 1918.

Il Faro della Vittoria dipende dal Ministero della Difesa ed è aperto al pubblico grazie a una speciale convenzione stipulata con la Regione Friuli Venezia Giulia. E’ generalmente accessibile ogni sabato e domenica, oltre a vari giorni di aperture straordinarie. Per info e prenotazioni la mail è: farodellavittoria@regione.fvg.it. Si può anche chiamare al 347/3350395.

 

 

fonte  —  http://ilviaggioinitalia.altervista.org/il-faro-della-vittoria-trieste/

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