“Il sistema sanitario privato, cardine portante della tutela della salute in una regione dove il servizio pubblico non è in grado – in ragione delle riduzioni, dei ridimensionamenti di reparti e dell’esubero negli accessi – a fronteggiare la domanda di salute dei cittadini, risulta ormai da tempo stritolato negli ingranaggi perversi dei ritardi nei pagamenti e talvolta nel mancato riconoscimento di crediti su prestazioni già eseguite con l’aggravio imputabile alle scelte fin qui compiute dai Commissari Ad Acta”. E’ quanto afferma il consigliere regionale Alessandro Nicolò che stigmatizza: “Una situazione che ha ulteriormente appesantito e pregiudicato l’offerta sanitaria in una realtà che sperava di risalire la china ma che, al contrario, si è vista ulteriormente penalizzata – se consideriamo che i calabresi che si rivolgono alle strutture private nell’impossibilità oggettiva del pubblico di dare risposte (in primis per gli interminabili tempi d’attesa) – sono spesso pazienti che presentano patologie rilevanti e che non trovano risposte per l’assenza sul territorio di strutture deputate alle cure riabilitative e di lunga degenza. Peraltro, le stesse strutture permettono di ridurre il numero dei ricoveri impropri negli ospedali della regione che non riescono a fronteggiare la richiesta di assistenza sanitaria”. “Di fatto: storture, ritardi, e tagli alle prestazioni hanno accresciuto i già pesanti ed inaccettabili dati relativi all’emigrazione sanitaria fuori regione che pesa come un macigno sul Bilancio della Regione. Anche i meccanismi che governavano i sistemi di pagamento – prosegue – sono pericolosamente saltati con strutture che, per quanto attiene la quota sociale, arrivano a vantare crediti di 9 anni, mentre si assiste allo scaricabarile tra Regione ed Asp. Per non parlare dei dati denunciati anche dalle associazioni di categoria secondo cui in Calabria mediamente trascorrono 6 mesi per saldare una fattura mentre le aziende sono costrette a ricorrere all’accesso al credito e a pagare interessi al sistema creditizio ma anche al sistema sanitario regionale”. “Il comparto è davvero al collasso con le Aziende sanitarie che autorizzano prestazioni riconoscendo l’appropriatezza e l’inderogabilità dei ricoveri mentre le strutture si sentono poi rispondere, a prestazione erogata, che non potevano essere remunerate perché il budget era finito. Parliamo di prestazioni che rientrano nei Lea (livelli essenziali di assistenza). Per ragioni di ‘selvaggia’ contabilità, il diritto alla salute risulta leso, senza considerare – sottolinea il consigliere – le difficoltà economiche che stanno affrontando i titolari delle strutture e che finiranno per ricadere sulle spalle anche dei dipendenti che rischiano il posto di lavoro e di tutto l’indotto”. “Pur nella consapevolezza delle difficoltà oggettive che si riscontrano, chiediamo al neo commissario Cotticelli – il quale ha già concesso un aumento di budget di 6 milioni e mezzo di euro rispetto alla cifra licenziata da Scura lo scorso anno per i privati accreditati – che in collaborazione con la Regione e con i rappresentanti delle associazioni di categoria, si possano individuare soluzioni concertate e condivise per superare la situazione d’impasse. In questa direzione va garantito un sistema più lineare che imponga il pagamento delle somme dovute entro e non oltre il sessantesimo giorno dalla data di ricevimento della relativa fatturazione da parte dell’Asp, (preso atto dalla voce delle associazioni di categoria, che l’Asp non paga le prestazioni effettuate a far data dal mese di giugno 2017), ed assicurando la firma dei contratti entro il 31 gennaio di ogni anno affinché ogni struttura – una volta raggiunto il budget assegnatole – possa decidere di non accogliere più impegnative e quindi di non lavorare in perdita; serve altresì una revisione del concetto di assegnazione dei budget, basato sullo ‘storico’ assegnato, senza considerare la capacità produttiva delle singole strutture. Va azzerata la proposta dell’allora commissario Scura, (inaccettabile in quanto effettuata a fine anno, e dunque a conclusione del lavoro compiuto e delle relative spese sostenute), di un taglio del 60/70% sul fatturato delle annualità 2017 e 2018 ed è auspicabile infine, come proposto dalle associazioni di comparto, l’istituzione di una commissione permanente di vigilanza a livello regionale. Si tratta di scelte e passaggi ineludibili – ha concluso il consigliere regionale di Fratelli d’Italia – per intraprendere un percorso che sia foriero di un nuovo corso per il sistema della salute in Calabria e per la garanzia dei diritti inderogabili dei cittadini”.