(DIRE) 5 Feb. – Non solo i governi, gli organismi internazionali e le ong ma anche le imprese, ciascuna con le proprie specificita’, possono offrire un contributo per la sicurezza alimentare e un’agricoltura sostenibile: sara’ questo, oggi pomeriggio, l’assunto del secondo degli ‘Sdgs Talks’ ospitati a Roma dalla Fondazione De Gasperi. La prospettiva e’ “Fame zero”, l’Obiettivo per lo sviluppo sostenibile numero due fissato dall’Onu nel quadro dell’Agenda 2030. Nella sede di via del Governo vecchio 3, alle 17, ad aprire i lavori Angelino Alfano, presidente della Fondazione De Gasperi, Giampaolo Silvestri, segretario generale della Fondazione Avsi, e Giorgio Marrapodi, direttore generale della Farnesina per la Cooperazione allo sviluppo. Previste poi tre sezioni, moderate da Vincenzo Giardina, giornalista dell’agenzia ‘Dire’, con domande e interventi del pubblico. A condividere esperienze e indicare percorsi possibili anche Vincenzo Sanasi d’Arpe, presidente del comitato italiano per il Programma alimentare mondiale (Pam), Roberto Ridolfi, vice-direttore generale della Fao, Hassan Abouyoub, ambasciatore del Marocco in Italia, Dino Scanavino, presidente della Confederazione italiana agricoltori (Cia), e Andrea Sisti, presidente dell’Associazione mondiale degli agronomi (Amia). A seguire uno spazio dedicato a progetti e contributi di imprese, con Andrea Sorbello, manager di Barilla per le relazioni istituzionali, e Mario Cerutti, responsabile di Lavazza per i programmi di responsabilita’. Secondo Giorgio Capitanio, di Avsi, l’impegno per la sicurezza alimentare passa attraverso il coinvolgimento delle imprese. “E’ fondamentale anche in un’ottica di educazione” sottolinea l’esperto in un’intervista con la ‘Dire’. Un esempio sarebbe Skilling Youth (Sky), un programma realizzato da Avsi con il sostegno della cooperazione olandese per formare e garantire opportunita’ di lavoro a circa 6mila giovani in Uganda. “Il progetto ha confermato che aziende di piccole e medie dimensioni sono partner decisivi, anche per mobilitare e motivare” dice Capitanio. “Molte di loro non stanno ormai guardando piu’ solo ai mercati locali o di Kampala ma anche alle certificazioni internazionali necessarie per avviare l’export”. (Dire) 13:00 05-02-19