“Potere giudicare l’operato dei propri amministratori, a tutti i livelli, è sicuramente un fondamento della democrazia: un esercizio che torna utile anche a chi è oggetto di considerazioni da parte di chi lo ha eletto, così da poter migliorare il proprio percorso di governante e fornire le risposte che una comunità chiede. Anche l’amministratore locale è a sua volta un amministrato, e nel ruolo di cittadino e in qualità di parte attiva del più ampio meccanismo statale. Perciò anche egli può assumere il ruolo di ‘giudice’ quando ritenesse che determinate azioni possano non collimare con quelli che si ritengono essere gli interessi della cittadinanza che guida. Ogni analisi, ed ogni azione da essa conseguente, però (sembra lapalissiano doverlo ribadire ma oggi è assolutamente necessario) deve contenere, sempre, elementi di legalità e coerenza. Ormai abbiamo capito che la moda del momento, veicolata da una sinistra che annaspa con fatica, sia quella di accusare per ogni problematica l’attuale asse governativa in carica da giugno, sbandierando la mancata applicazione di leggi dello Stato come vessillo di chissà quale rivoluzione umanitaria. Abbiamo capito che dopo aver governato l’Italia dal 2013, e regioni e città (come la Calabria e Reggio) dal 2014 proprio da qualche mese a questa parte si siano materializzati tutti i problemi. Magari abbiamo la memoria corta e determinate condizioni prima non esistevano? Le menti che producono soluzioni, che adesso sembrano a portata di mano, si sono aperte passando dalle sedie della maggioranza a quelle dell’opposizione? La coscienza che oggi viene invocata in diverse occasioni si è magicamente risvegliata dopo aver dormito sonni beati? La morale (sempre doppia ovviamente!) diviene nuovamente strada maestra ritrovando diverse indicazioni? Ogni giorno leggiamo di sindaci ribelli, di presidenti di regione pronti ad adire la Corte Costituzionale, di altri esponenti politici di sinistra che invece di guardare i propri guai giudiziari si occupano di augurarne agli altri, di rappresentanti della chiesa pronti a raccolte firme. Registriamo interventi di natura ‘etica’ da parte di chi è costretto a riunire la giunta a San Giovanni in Fiore e di chi ha sempre urlato la legalità ma si ritrova con gatte da pelare grandi quanto un albergo sito sul lungomare reggino, e riesce nel contempo ad insultare i suoi concittadini in ogni occasione possibile, persino in diretta televisiva su frequenze nazionali. O da parte di chi ha gridato allo scandalo di una scuola politicizzata quando parlamentari (e si sottolinea parlamentari) sono stati ospitati da un plesso cittadino senza peraltro fornire indicazioni di voto agli studenti ed oggi plaude ad un sindaco (indagato) che incita gli allievi a demonizzare il ministro dell’Interno. Viene dunque spontaneo domandarci: siamo così sicuri che la preoccupazione prioritaria sia davvero quella di garantire poveri uomini che cercano salvezza lontani dai loro paesi di origine, o tutto ciò rappresenta un pretesto, una strumentalizzazione, un modo per gridare noi ci siamo affinché gli appuntamenti con le urne risultino meno disfattisti? Ci si trova nel mezzo di una polemica atta a disturbare la controparte politica in barba alle criticità che vivono i territori, generando una sorta di tifo da stadio che non è vantaggiosa per nessuno, siano immigrati o italiani; si produce solo un clima ‘avvelenato’ sicuramente non atto a risolvere i problemi tramite la violenta criminalizzazione dell’avversario poiché serve non a generare benefici ma, esclusivamente, a salvaguardare le proprie traballanti posizioni. Un appello, quindi, va fatto senza ombra di dubbio: ed è quello al buon senso e all’autocritica! E’ questa l’unica ribellione utile!”
Tilde Minasi