Voci da Università Ghana, dopo rapporto francese su restituzioni. (DIRE) 8 Gen. – E’ sempre piu’ animato, sia in Europa che in Africa, il dibattito sulla restituzione dei beni culturali trafugati o acquisiti in modo illecito dalle ex potenze coloniali nell’area subsahariana. A innescarlo o comunque a favorirlo, nonostante persistenti inadeguatezze e reticenze, la pubblicazione dello studio ‘Rapport sur la restitution du patrimoine culturel africain’ voluto dal presidente francese Emmanuel Macron come premessa di un impegno a riportare nel continente i suoi tesori artistici. Una delle iniziative piu’ significative e’ stata un convegno “euro-africano” che si e’ tenuto alcuni giorni fa ad Accra, presso l’Istituto per gli studi africani dell’Universita’ del Ghana. Secondo i promotori dell’incontro, si e’ trattato di un’occasione proficua di dialogo interdisciplinare tra studiosi, addetti ai musei, custodi del patrimonio culturale e policy-maker africani ed europei. Esperti provenienti da Benin, Camerun, Germania, Ghana, Namibia, Nigeria, Svizzera e Togo hanno discusso delle restituzioni ma anche della “decolonizzazione” dei musei. Attenzione particolare e’ stata riservata alle esperienze regionali e nazionali, si tratti di ex-colonie tedesche come Camerun, Togo e Namibia, francesi come il Benin o inglesi come la Nigeria.
In una dichiarazione conclusiva, in sostanza in linea con le raccomandazioni del rapporto voluto da Macron, i 16 firmatari osservano che, anche se sarebbe urgente, manca una dimensione africana nel dibattito internazionale sulla restituzione delle opere d’arte. Nelle discussioni attuali, a Parigi, Berlino o Bruxelles, mancherebbero “il contributo e le prospettive degli studiosi africani, le preoccupazioni dei ricercatori riguardo la partecipazione degli stakeholder e perfino le sfide, i bisogni e le potenzialita’ dei musei africani”. Sarebbero inoltre pochi i governi africani e le organizzazioni di rilievo che si sono pronunciati o hanno cominciato a discutere del problema. La due giorni di Accra sembra indicare che la fiducia degli africani verso musei e governi europei e’ da tempo incrinata. Secondo gli esperti dell’Universita’ del Ghana, il primo punto e’ la necessita’ di “velocizzare” il ritorno degli oggetti preziosi che sono stati senz’altro acquisiti “illegalmente”, come chiesto da governi e comunita’ africane. Cruciali poi anche maggiori sforzi congiunti, europei ed africani, per identificare la provenienza delle opere di maggior rilievo e garantire la massima trasparenza nell’opera di identificazione e restituzione. Gli esperti africani dovrebbero insomma avere maggior accesso agli inventari, ai depositi dei musei e delle istituzioni culturali europee. Secondo i firmatari di Accra, l’Unione Africana e le organizzazioni subregionali dovrebbero esprimersi e avviare negoziati sui principi guida per le restituzioni. Alcuni dei casi precedenti di restituzione all’Africa, sebbene lenti e a volte anche dolorosi, potrebbero servire come esempio per la preparazione delle linee guide generali. C’e’ poi il problema delle divisioni interne all’Europa. Anche se l’iniziativa di Macron ha suscitato dibattiti in Germania e in Belgio, questo non sta accadendo in altri Paesi dell’Ue. Gli organismi comunitari di Bruxelles, poi, non si sono ancora pronunciati. Un’opportunita’ per superare una situazione di impasse potrebbero essere progetti di ricerca e cooperazione interdisciplinari e transregionali. Dal convegno ospitato dall’Universita’ del Ghana e’ giunto poi un altro appello: le autorita’ europee e africane dovrebbero lavorare insieme per riqualificare, ammodernare e mettere in sicurezza i musei africani in vista delle eventuali restituzioni. (Asu/Dire) 16:47 08-01-19