Omosessualità: facciamo chiarezza

Con il termine “omosessualità” ci si riferisce ad una naturale variante del comportamento umano che indica attrazione sentimentale e/o sessuale nei confronti di un individuo del proprio sesso. Spesso quando si parla di omosessualità si parla anche di pregiudizio. Il termine “pregiudizio” rimanda ad un concetto di “giudizio prematuro”, basato su argomenti insufficienti o non conosciuti. Ad oggi le due parole sembrano interconnesse in maniera spesso molto rigida. Esistono diverse convinzioni stereotipiche sulle persone omosessuali. Vediamone qualcuna:

– L’attribuzione generica di caratteristiche dell’altro sesso a persone gay e lesbiche, con l’idea e la convinzione che la non “virilità” dei gay si rivelerebbe dal loro modo stravagante di parlare e di vestire e dal tono di voce tipicamente femminile.

– Anticonformismo esasperato e atteggiamento trasgressivo come peculiarità dei gay.

– Precise scelte professionali nei gay (stilisti, arredatori ecc).

– Traumi infantili e/o rapporti disturbati con i genitori come causa dell’omosessualità.

– Convinzione che essere gay sia una scelta e che questo tipo di scelta possa essere modificata.

– Convinzione che l’omosessualità sia una malattia mentale.

Questi sono solo alcuni tra i numerosi pregiudizi che ancora ad oggi persistono nella nostra società. Come prima cosa è bene chiarire che tutte le principali organizzazioni sulla salute mentale sono concordi nell’affermare che l’omosessualità non è una malattia, bensì una “variante non patologica del comportamento sessuale”. Alcune persone sono attratte da persone dello stesso sesso per la stessa ragione per cui altri soggetti sono attratti da persone del sesso opposto. Questo tipo di attrazione, romantica e sessuale, viene definita “orientamento sessuale”. L’orientamento sessuale, sia omosessuale che eterosessuale, emerge solitamente tra la media infanzia e la prima adolescenza. Nonostante ciò ci sono persone che raggiungono la piena consapevolezza del proprio orientamento sessuale solo in età adulta. A rendere, spesso, più difficile raggiungere tale consapevolezza sono proprio i pregiudizi e le discriminazioni sugli omosessuali. Si riscontrano numerosi casi di persone che non accettano il proprio orientamento sessuale proprio per tali motivazioni (ad esempio i casi di persone che intrattengono matrimoni con il sesso opposto, fanno dei figli e si scoprono, solo successivamente, gay o lesbiche). L’omosessualità non è una scelta, esattamente come l’eterosessualità. Ciò che possono scegliere le persone omosessuali è se accettare o meno il proprio orientamento e sviluppare un’identità omosessuale assertiva e serena convivendo con i diversi aspetti della propria personalità in maniera armonica o rifiutare il proprio orientamento sessuale in seguito a pregiudizi di natura sociale, religiosa o morale. E’ bene quindi ribadire che non può esistere una cura per l’omosessualità poiché quest’ultima non è una malattia e chiunque afferma il contrario diffonde solo un pregiudizio assolutamente privo di valore scientifico! L’omosessualità rappresenta una normale variante non patologica del comportamento sessuale, come confermato dall’Associazione Psichiatrica Americana e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Non esistono quindi prove scientifiche che supportino eventuali trattamenti psicologici volti alla modifica dell’orientamento sessuale. Esistono invece degli importanti rischi di questo genere di trattamenti: depressione, ansia e comportamento auto-distruttivo. Questo genere di terapie si basano su un’omofobia interiorizzata e l’effetto è solo questo di far aumentare il senso di inadeguatezza, inferiorità e colpa. Gordon Allport, psicologo statunitense, formulò una celebre ipotesi, la cosiddetta “ipotesi del contatto”, secondo la quale il pregiudizio nasce dalla mancanza di conoscenza tra membri di gruppi diversi e se viene fornita alle persone la possibilità di incontrare individui appartenenti all’”outgroup” (gruppo di non appartenenza) queste ultime possono più facilmente scoprire che in fondo molti dei loro pregiudizi sono errati. Conseguentemente migliorerebbe l’atteggiamento di queste persone nei confronti, ad esempio, degli omosessuali. Il contatto non riduce esclusivamente le forme più manifeste di pregiudizio (es. ingiurie ) ma anche il pregiudizio più implicito (tendenza a non scegliere la compagnia di persone con caratteristiche che non si conoscono). Inoltre attraverso il contatto indiretto nell’”ipotesi del contatto esteso” (Wright) è sufficiente sapere, ad esempio, che uno o più amici hanno amici omosessuali per ridurre il pregiudizio.

Dott.ssa Elisabetta Stillitano –  Psicologo Psicoterapeuta

www.elisabettastillitano.it

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