“La storia ci ha consegnato la corsa all’oro e quella agli armamenti, definizioni che hanno contraddistinto determinate fasi e fissato nella memoria di ognuno specifici episodi. Le cronache calabresi attuali registrano, invece, un nuovo fenomeno: la corsa agli amministratori. Non passa giorno che ci troviamo costretti a leggere elenchi di sindaci, assessori, consiglieri comunali (alcuni anche insospettabili per appartenenza pregressa ed idee politiche) che aderiscono, più o meno spontaneamente, agli appelli e alla ‘chiamata’ di chi aspira ad una poltrona in vista delle prossime competizioni elettorali. Tutti folgorati sulla via di Damasco? Tutti speranzosi di ricevere qualche incarico, o ancora mantenere quelli già in vigore? Tutti che confidano in una prospettiva di carriera, o di un secondo stipendio, garantiti dall’essere accomodanti? A queste domande potrà rispondere solo il tempo. Però questo fiorire di ‘liste’ stimola qualche riflessione. Innanzitutto, ritengo che l’aspetto fondamentale di ogni campagna elettorale che si rispetti debba essere il programma: ciò che si intende realizzare e come oppure ciò che si è realizzato e come è stato portato a compimento. Non leggiamo nulla in merito al pilastro cardine in base al quale dovrebbe reggersi l’impalcatura del consenso. In seconda battuta, viene quasi naturale chiedersi: questa pletora di rappresentanti delle istituzioni locali, hanno potuto fare affidamento, per la gestione degli Enti guidati e per le difficoltà inevitabili che essi vivono, su chi chiede loro di schierarsi e finire in una specie di inventario in cui più numerosi sono i nomi, più si pensa di dimostrare la propria forza elettorale? Ritengo che i calabresi non meritino una tale tipologia di spettacolo, e che sia più giusto ritornare ad una dimensione di dialogo inteso nella sua accezione più limpida. In estrema sintesi, l’ascolto della gente che esterna bisogni ed esigenze e decide il percorso migliore da intraprendere dentro l’urna in base a progettualità e rispondenza alle necessità del quotidiano, non secondo un tornaconto personale. Ed è proprio questa la discriminante di cui bisogna tener conto se si intende impegnarsi in prima persona per il bene comune. Sarà la gente a recarsi nella cabina elettorale ed è all’interno di quest’ultima che si decideranno le sorti dei nostri territori, al di là di un indice più o meno attendibile di nomi, cognomi e ruoli”.
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