D.L. Dignità: Confesercenti, insoddisfazione per interventi su tempo determinato

Stangata da oltre 100 milioni sulle MPMI, ma nuove regole non toccano la Pubblica Amministrazione. Rileviamo con profonda insoddisfazione l’inserimento nel decreto dignità di pesanti interventi sui contratti a termine. Se da una parte riteniamo condivisibile cercare di stabilizzare l’occupazione e dare le giuste garanzie ai lavoratori, dall’altra non possiamo accettare la penalizzazione delle imprese, che garantiscono il lavoro in primo luogo.  Così Confesercenti sul D.L. Dignità approvato ieri dal Consiglio dei Ministri. Il contratto a tempo determinato costa già più di quello a tempo indeterminato, con un contributo addizionale a carico del datore di lavoro pari all’1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali. Un ulteriore aumento degli oneri – il D.L. prevede lo 0,5% in più dal secondo rinnovo – si trasforma in un aggravio stimabile in oltre 100 milioni di euro l’anno, di cui più della metà verrà sborsato già quest’anno, visto che scadranno il 55% dei contratti. Che le nuove norme siano una batosta per i bilanci delle imprese, d’altro canto, lo conferma indirettamente il fatto che non si prevede la loro applicazione nella Pubblica Amministrazione, per chiari motivi di sostenibilità. In una fase economica come quella attuale, caratterizzata da una grande incertezza e da un forte turn over fra le imprese, la cui esistenza in vita media è ormai di tre anni, il lavoro a termine è per ovvi motivi la forma contrattuale più utilizzata dalle MPMI, il 90% delle quali occupa meno di 10 dipendenti. I contratti a tempo determinato sono indispensabili in particolare per le attività del turismo, settore ad elevata stagionalità. La contrattazione privata ha da sempre trovato regole condivise tra imprese e lavoratori e nelle attività stagionali la riconferma delle assunzioni è una prassi consolidata, che ora – a causa degli aumenti incrementali – rischia di venire meno. Assolutamente controproducente anche il passo indietro sulle causali, che rendere più rischiose le assunzioni, crea un clima di incertezza e porterà ad un inevitabile aumento dei contenziosi. Più che fissare per decreto regole che vanno contro le esigenze delle imprese e degli stessi lavoratori, sarebbe stato più utile un confronto con il Ministro ed i rappresentanti delle imprese per agire contro il dumping contrattuale che, molto più dei contratti a tempo determinato, penalizza lavoratori e imprese oneste. Auspichiamo che possa avvenire a breve.

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