Aspromonte, Bombino a Saviano: “Lo Scrittore è colui che sa mediare tra il dramma e la bellezza”

“Ci dispiace che Roberto Saviano non ci abbia risposto. Non è indifferenza … ne siamo certi. Presto lo Scrittore uscirà allo scoperto per annunziare al popolo ciò che ha veduto in Aspromonte, e questo silenzio serve solo a custodire la “originalità” del Suo pensiero. Intanto Noi, da questa Ultima Italia, continueremo a raccontare la Nostra Storia.  Se deciderà di tornare in Aspromonte, le Guide del Parco Nazionale lo accompagneranno su sentieri antichi, dove vi potrà leggere i nomi dei nostri Padri su pietre lucenti. Sarà odore di pane, per chiunque verrà a trovarci; e profumo di Tamerici, ché l’ospite, per noi, è un Dio. Alcuni dicono che Roberto, camminando in Aspromonte, portasse con sé certi libri.  Altri giurano d’avervi scorto, tra essi, “Gente in Aspromonte” e “Tibi e Tascia”, e poi “La Maligredi” e “La Signora di Ellis Island”. Perché per amare la montagna devi saperla leggere, conoscere, comprendere …, al modo di una donna o di una poesia. E Saviano lo sa! Per questo, quando lo Scrittore parlerà dell’Aspromonte (e presto lo farà), riconosceremo nella sua scrittura l’altezza giusta e la misura esatta delle cose che ha conosciuto: il Montalto, il Pastore nella valle, l’umanità omerica, Pietra Cappa, e il sacrificio delle nostre Madri che sorvegliano l’età dei loro figli, perché non si perda. Quando tornerà a San Luca o a Polsi, gli leggeremo le pagine dei nostri campioni; di coloro, tra i vivi e i morti, che con la Letteratura ci portarono oltre l’abisso. Non sappiamo, in realtà, cosa facesse Saviano in Aspromonte nei giorni scorsi, cosa stia meditando, cosa dirà di Noi. Lui è uno scrittore … E lo scrittore, quando è tale, cerca sempre la “terza via” per impossessarsi della verità, a costo di compiere il “folle volo” della conoscenza, che spinse i grandi, prima di lui, a mettersi in viaggio. La verità, a volte, è oltre la conoscenza delle cose; e tuttavia le rivelazioni della prima saranno quelle che la seconda tende a nascondere; e viceversa. A seconda della luce e delle ombre. La verità, quando la si vuol ricercare, le vede entrambe. Occorre mettersi in viaggio. Il viaggio in Aspromonte è l’immagine insuperata e potente di un impatto; è struggimento, incontro. Non sei tu a scegliere il cammino, ma la Montagna; ché questa preesiste. Non si può misurare l’Aspromonte e la sua gente con gli stessi mezzi con cui si perimetra una città e la sua folla. Ma questa è la tentazione di molti intellettuali, o di chi tale si definisce. L’Aspromonte è un drammatico e realistico dissidio; desiderio e denuncia coesistono, così la grazia e la condanna. Chi vuole raccontare questa Montagna non deve risolvere la tensione, non deve pretendere di identificarla con una propria idea; neanche con la coscienza o con il senso dell’io. Deve cercare, invece, la “terza via”, altrimenti l’Aspromonte non si fa capire, per necessità. Nel dialogo bisogna aspettare che la sua luce trapassi le ombre, e ascoltare la domanda. Allora, tra dannazione e perdono, potrai metterti in viaggio: è la terza via. Durante il cammino il dialogo prosegue e la Montagna, scesa a parlare, dice allo scrittore che lui non può bastare a sé stesso, ma che deve accettare l’attesa, per conoscere, per vedere, per non entrare in una prospettiva rovesciata, interrotta, fissa. La terza via consegna lo scrittore all’intelligenza del pubblico, alla resurrezione, salvandolo dalla miseria umana.

Non c’è distacco nel dialogo tra la luce e le ombre dell’Aspromonte, ma solo il sentimento di ricercare il punto geometricamente distante dalla storia e nello spazio, per dire la verità. E in quella solitudine la verità è giustizia. Solo così la scrittura diviene un atto immortale. La differenza tra chi ha creduto di sapere e chi ha voluto conoscere è il Viaggio.  Mi vengono in mente Ulisse e Dante. E come nell’Ulisse di Dante il “folle volo” verso la conoscenza sia stato la soluzione del Viaggio. L’Aspromonte, in questo tempo, chiama alla verità; la cerca. Lo Scrittore è colui che sa mediare tra il dramma e la bellezza, perché vede ciò che altri non vedono, e lo racconta. E’ un intermediario, insomma, colui che vive un’epoca anticipando quella che deve ancora arrivare, e ci aiuta ad interpretarle. E sono talmente tante le stimme dell’Aspromonte che ad inventarne di nuove si corre il rischio di render illeggibili le prime. Abitarono la montagna gli innocenti e i peccatori, i mistici e i filosofi, gli eruditi e i semplici, gli asceti e gli assassini e questi, spesso, si sono passati il pane di mano in mano.  Negli accostamenti tra questi mali e quelle croci, chi ne è capace, può trarvi il più realistico dei suoi scritti, lasciando all’astrologia e ai segni dello zodiaco, per chi ci crede, le Vergini e gli Scorpioni. Vasta è la distanza creata da Saviano tra l’umanità e la sua montagna, tra Dio e la Preghiera; breve il tempo, invece, con cui Saviano ha unito mito e mistificazione, estasi e bestemmia, ché neanche gli avversari nel Sinedrio al tempo di Cristo. Abbiamo comprato un taccuino nuovo e una matita di legno di acero, se vorrai scrivere dell’Aspromonte. Sarà odore di Lievito, per chi chiunque verrà a trovarci; e profumo di Ginestra, ché l’Ospite, per Noi, è un Dio.

Giuseppe Bombino — Presidente Parco Nazionale dell’Aspromonte

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