Cari Calabresi,
amanti dell’arte e della storia della nostra straordinaria regione, una regione posta al centro del Mediterraneo e intrisa di tradizioni millenarie, dotata di un paesaggio nel quale la montagna sorge direttamente dal mare, elevandosi feconda per accogliere una eccezionale varietà di specie animali e vegetali, terra crocevia di popoli che ha saputo accogliere e cogliere le innovazioni portate nei secoli, elaborandole in un caleidoscopio di culture diffuse, arricchito dalle minoranze linguistiche che oggi finalmente vengono tutelate e valorizzate. Mi rivolgo a voi per condividere alcune semplici riflessioni. Da qualche giorno il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, che ho l’onere e l’onore di dirigere, è al centro di sorprendenti, quanto inattese, uscite mediatiche a mezzo stampa circa l’attribuzione di responsabilità in merito ad alcuni ritardi nell’apertura al pubblico di un nuovo museo a Locri. Si imputano, nello specifico, alla mia direzione l’aver fatto “orecchie da mercante” alla “richiesta di trasferimento” di centinaia di reperti del Museo di Reggio Calabria e di aver posto “condizioni ingiustificate” per la loro movimentazione, tanto da spingere qualcuno a dichiarare: “Ci prenderemo tutto!”, con tanto di “lancio del guanto di sfida” alla mia persona. Evidentemente, pochi ricordano il comunicato stampa del 1 febbraio 2018 nel quale si era dichiarato: “Il MArRC collabora allo sviluppo culturale del territorio calabrese partecipando all’esposizione del nuovo Museo di palazzo Nieddu del Rio a Locri (…). Sono in corso le procedure di documentazione dei preziosi reperti delle collezioni del Museo di Reggio (ceramiche, bronzi, ambre, paste vitree), provenienti dalle necropoli protostoriche di Canale-Ianchina, nell’entroterra locrese, che saranno esposti nella nuova sede museale”. Così come pochi sanno che il Polo Museale della Calabria, a cui afferisce il Museo di Locri, l’8 febbraio scriveva di ritenere “opportuno sospendere le attività di richiesta dei reperti rimandando l’apertura del Museo a data da destinarsi”. Ora, il 23 marzo dalla stampa si è appreso che il prossimo 7 aprile sarà inaugurato il nuovo museo “anche vuoto”. A questo punto sono necessari alcuni chiarimenti. Posso comprendere che non tutti conoscano le procedure per lo spostamento dei reperti, specie considerando il fatto che pochi anni fa una parte importante delle collezioni dei depositi del Museo reggino sia stata portata in altri luoghi a pedane di centinaia di cassette, situazione che mi ha spinto a scrivere al Ministero a meno di un mese dal mio insediamento nel 2015 e a invocare un’apposita ispezione. Non solo, ma anche una parte delle collezioni esposte nelle sale del Museo fino al 2009 (anno della chiusura per i lavori di ristrutturazione) è stata oggetto di movimentazione in altri luoghi, a volte documentando tale attività semplicemente tramite foglietti lasciati sulle scaffalature. Questa situazione, se da un lato ha portato al recente passaggio di consegna delle collezioni inventariate in deposito in assenza di elenchi inventariali necessari alla verifica di quanto presente (e di eventuali mancanze), dall’altro sta impegnando il personale del museo a una nuova inventariazione del patrimonio museale, indispensabile per l’annuale quantificazione economica, oltre che per assicurarne la conservazione e agevolarne la valorizzazione. Normalmente la gestione dei collezioni – la cui responsabilità è tra gli oneri della direzione dell’istituto museale che li detiene – per i musei dotati di autonomia speciale comprende anche l’autorizzazione al prestito dei reperti. In questo caso, però, trattandosi di una richiesta di deposito pluriennale, tale autorizzazione deve essere rilasciata dalla Direzione Generale Musei, alla quale il direttore del Museo prestatore deve assicurare la completezza della documentazione di ogni singolo reperto. Da tempo al Museo di Reggio stiamo lavorando a tale attività, investendo energie del già ridotto personale in organico, anche considerando il fatto che alcuni reperti non risultassero neanche inventariati pur essendo stati scoperti circa un secolo fa. Di certo, tali operazioni potevano essere di gran lunga facilitate e velocizzate dalla consegna della documentazione redatta nel 2011, al momento della scelta dei reperti inseriti nel progetto scientifico del nuovo Museo locrese presentato per partecipare al bando Poin o elaborato degli anni successivi. Infatti, come è noto a tutti gli addetti ai lavori, ogni progetto espositivo fa capo a un elenco che contiene, vetrina per vetrina, misure e foto degli oggetti da esporre. Né in questi mesi è giunta alcuna proposta di supporto operativo da parte dei colleghi del Polo, così come proposte di incontro per la valutazione dello stato conservativo dei reperti da esporre. Da quanto detto si evince che il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, concordando con quanto indicato dalla Direzione Generale Musei, ha sempre assicurato la massima collaborazione per l’apertura del nuovo Museo di Locri, e sono certo che anche il Polo Museale della Calabria, visto il parere favorevole della stessa Direzione Generale, favorirà il rientro di quanto esposto nel museo reggino fino al 2009 e poi temporaneamente spostato in altri luoghi della cultura affinché in quegli anni non venisse impedito al pubblico di ammirarne l’importanza storica e artistica. Lasciando definitivamente la questione alle ordinarie pratiche procedurali, altre considerazioni – che esprimo in qualità di calabrese, oltre che di direttore del MArRC – riguardano la necessità di una nuova strategia nella valorizzazione del nostro patrimonio culturale. Credo sia arrivato (e non da poco) il momento di lasciare alla storia delle poleis magnogreche le guerre tra Locri e Reggio, così come tra altre città della regione. Nonostante l’aumento del turismo in Italia e in generale anche in Calabria, nel 2017 la nostra regione è stata l’unica (ad eccezione di quelle colpite dal terremoto) a veder diminuiti i visitatori nei musei statali, con una percentuale di – 0,83% a fronte del +10,66% della Campania, del +19,48 della Puglia e del +6,35 della Basilicata. In questo quadro, il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria ha visto i numeri già molto positivi dei 2016, con 210.598 visitatori, passare a oltre 215.000, a fronte dei 19.791 del museo di Locri nel 2016 (ultimo dato noto). Ma siamo tutti d’accordo che non è solo dal numero di visitatori che si misura il funzionamento di un museo. Ad esempio, nel libro di Irene Sanesi, “Il valore del museo”, si evidenzia tutta una serie di elementi di valutazione: didattica, coinvolgimento della comunità del territorio, mostre temporanee, ordinamento e manutenzione dei depositi, prestiti, comunicazione. Chi segue l’attività del museo reggino sa bene quanto si stia facendo in questo senso. Basti pensare che negli ultimi dieci giorni, dal 13 al 23 marzo, il museo è stato animato da 9 eventi (alcuni addirittura simultaneamente), che hanno portato ben 6829 persone a entrare al MArRC, più di un terzo dei visitatori del museo di Locri nel 2016. L’organizzazione degli eventi, che ha visto la partecipazione di enti come la Camera di Commercio e il Parco Nazionale dell’Aspromonte, non ha comportato oneri per l’amministrazione; anzi, ha portato benefici che permetteranno interventi di restauro con conseguenti ricadute anche occupazionali. Come è noto, il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria non è soltanto il principale museo della città, ma nel suo percorso espositivo rappresenta tutta la Calabria, dall’Alto Cosentino alla punta più meridionale della Penisola. Così, nel 2017 turisti italiani e stranieri compresi fra i 215.000 visitatori hanno potuto conoscere non solo la storia della città affacciata sullo Stretto, ma anche quella di Locri, passando attraverso molti dei suoi tesori esposti nell’allestimento permanente. Allo stesso tempo, hanno avuto occasione di apprezzare nelle mostre temporanee molti reperti, le cui didascalie non riportavano la dicitura “Proprietà del Museo di Reggio Calabria”, ma “da Locri”. Così come, l’attività del laboratorio di restauro del Museo di Reggio nel biennio 2016-2017 non ha privilegiato una provenienza dei reperti rispetto a un’altra, intervenendo su ben 79 oggetti locresi e assicurandone la conservazione. In una situazione di questo tipo, può considerarsi vincente una strategia politica di “lancio del guanto di sfida”? Non sarebbe più opportuno immaginare soluzioni per agevolare i tanti visitatori del MArRC che, dopo aver appreso l’eccezionale storia di Locri nel quadro più generale della Calabria antica, volessero proseguire il loro viaggio lungo il litorale ionico? Non porterebbe a Locri più turisti, e quindi più persone nei negozi, nei bar, nei ristoranti, negli alberghi? Invece di usare espressioni come “ci prenderemo tutto!”, non sarebbe meglio pensare di installare un desk informativo al museo reggino che possa spiegare come arrivare a Locri e, magari, creare un collegamento bus del tipo brillantemente istituito dal presidente del Parco Nazionale dell’Aspromonte? Il ParkBus, partendo dalla piazza antistante il MArRC, ha riscosso molto successo negli ultimi due anni, facendo scoprire tanti luoghi di questo magnifico territorio. In conclusione, cari Calabresi, abbiamo una regione ricchissima di cultura. Dedichiamoci a visioni più ampie, affinché lavorare nella cultura sia un dovere, non potere. Un pezzetto di pietra resta una pietra. Tanti pezzetti possono comporre un bellissimo mosaico.
P.S. Il Museo intitolato a “Paolo Orsi” già esiste da tempo a Siracusa, sede istituzionale della Soprintendenza da lui diretta, e insieme al museo “Antonino Salinas” di Palermo rappresenta il museo più importante della Sicilia.
Carmelo Malacrino
Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria