Benvenuti al Sud dove schiavi si diventa anche e soprattutto in mancanza di Cultura

Senza preamboli e con la facilità che contraddistingue il mio scrivere oggi ha origine da una delle mie più profonde convinzioni e cioè che uno dei più tangibili problemi tra i tanti del mio amato meridione è l’assenza sempre più tangibile di cultura. Negli ultimi anni anche a causa dei social di nuova generazione e dei mass media, che di cultura ne trasmettono meno che zero, l’assenza di cultura sta scalando prepotentemente quella triste classifica di bisogni che la mia terra sente fame di soddisfare. Come descrivo sopra, i primi responsabili sono i media del sud, che hanno imparato i lettori ad essere affascinati dalla cronaca e non dalla cultura. I secondi responsabili sono le istituzioni scolastiche, deboli anche della presenza forte delle famiglie, tanto da essersi arresi dinanzi al malcostume che si è venuto a creare con la modernizzazione. Infine le istituzioni che, forte di media irresponsabili, irrobustiti dall’indebolimento delle scuole, stanno sempre di più condizionato la vita sociale delle persone. Così il sud è diventato schiavo del potere politico, che ha indotto i cittadini verso una non cultura. Oggi i problemi meridionali sono tutti legati a una mancanza culturale. Il fascino della cronaca porta il cittadino meridionale a documentarsi quasi esclusivamente sulle vicende nere che viviamo tutti i giorni, senza mai aprire una discussione su come eliminarli dal punto di vista sociale e politico che deve portare chi li vive come compito da delegare a una politica oggi priva di riferimenti. Un punto di forza anche le fiction televisive, che hanno incrementato quel fenomeno di cattiva cultura interpretando i mali del sud in maniera anche troppo violenta. Credo che sia giunta l’ora che i meridionali compendino l’urgenza di cambiare rotta, lasciare da parte la frenesia di farsi catturare dalle cronache, e porre attenzione massima su tutti quegli strumenti capaci di rendere cultura, partendo da una sana informazione. La carenza di cultura dipende tutto da come si è bravi a informarsi. Bissona insegnare alle nuove generazioni a determinati giornali, determinati libri, portandoli ad ascoltare chi diffonde cultura, tutti strumenti che allontanano la mente dalla cattiveria, e aiutano a capire cosa si può fare per riemergere. La cultura è alla base del vivere quotidiano. Negli ultimi cinquanta anni la questione meridionale è sempre stata centrata sull’economico e non sul sociale. Se la politica non si è accorta dell’errore, è perché era ciò che voleva.  Quando si parla di Mezzogiorno l’unico intervento cui si pensa, è lo squilibro di reddito, la mancata industrializzazione e così via. Ma se continuiamo a pensare solo a problematiche mai risolte, tenendo lontano la voglia di far diventare il Sud anche un popolo con una cultura diversa, non si va da nessuna parte. Troppo spesso, in particolare in Italia, la cultura viene vista come un bene di lusso, dimenticando che una società cresce se ha degli alti indici culturali, come confermano tutti gli studi. E per il nostro Mezzogiorno questo è ancora più importante e cruciale. Lo scenario attuale è pesante: una famiglia italiana su dieci non possiede neanche un libro in casa. Ho anche letto ultimamente un indagine svolta su 20mila persone, da cui è emerso che i lettori sono scesi in un anno dal 46 al 43%. Come sempre rilevano i dati che ho tristemente letto, i libri si vendono di più sono al nord, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia in testa e a seguire Valle d’Aosta e Lombardia. Fanalino di coda nell’ordine Puglia, Calabria, Campania e, ultima la Sicilia. Sento il dovere di porre l’accento che le moderne innovazioni che permettono di leggere libri su svariate tipologie di supporti elettronici, non si sono però rivelate di aiuto alla diffusione della lettura dei libri. La domanda che mi faccio è quanto è azzardata e complessa la scommessa di fare imprenditoria culturale in una zona così difficile come la Calabria. La risposta e che fare impresa culturale al Sud significa scontare tutti problemi del fare impresa in Italia con un’intensità molto più forte che mette a dura prova la capacità di resistenza. Ma la cultura che è soprattutto un fondamentale complesso di manifestazioni della quotidiana vita materiale, sociale e soprattutto spirituale di un popolo se messo in relazione alle varie fasi del suo processo evolutivo nei suoi diversi periodi storici e ambientali, deve con forza ancora dare molto in termini di possibilità se messa in relazione a questi territori in termini di sviluppo e di ricadute economiche e sociali. Per questo la passione per la cultura e per i libri deve essere accompagnata da una grande consapevolezza e responsabilità sull’importanza che un “lavoro” come quello del promuovere cultura deve essere tra i primi punti programmatici di qualsiasi parte politica meridionale. Al Sud bissona smetterla di autoconvincerci che non ci sono alternative, rassegnandoci al destino. Bisogna combattere e contrastare la retorica del declino scardinando tutti i meccanismi feudali che mortificano chi merita, chi non appartiene ai clan politico-mafiosi, chi vuole sfuggire alla cappa di protezione per affermare la propria autonomia, il proprio atteggiamento di sfida verso il futuro e la propria dignità personale. Senza progetti culturali, quindi capaci di incidere in profondità, saremmo per sempre dei venditori di scatole vuote. Certamente la lentezza e le difficoltà con le quali la politica spesso non riesce a rispondere ai tempi della cultura deve cambiare passo. Terminerei con una domanda che faccio a me stesso principalmente, quali sono gli ultimi due libri letti? Lascio la risposta di chi mi legge perché parte come me e di questa terra che deve iniziare a fare, di tutto ciò che ci circonda, un’attenta e accurata riflessione su ciò che una volta gridavamo in piazza come bisogno allo slogan di “Controcultura”, per essere partecipe e non semplici spettatori di chi forse ancora oggi ci vuole proprio così, gente non pensante.

Gattuso Maurizio Domenico.

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