USA: Trump contro tutti, saranno dazi a tutto campo

Il protezionismo è un tema scottante  tornato prepotentemente alla ribalta dopo l’elezione del 9 novembre 2016 di , Donald Trump, 45° Presidente degli Stati Uniti. Il possibile cambio di rotta degli USA nel commercio internazionale è una delle partite più importanti per il neo-eletto Presidente, con rilevanti conseguenze sul piano dei rapporti economici, sociali e diplomatici.
Il liberismo in economia: E’ stato ampiamente dimostrato che la liberalizzazione commerciale conduce all’ aumento del benessere di una nazione (Ricardo, Samuelson,Friedman…). Non è un caso se l’obiettivo primario del WTO/OMC (World Trade Organization) è proprio la progressiva liberalizzazione del commercio mondiale, da raggiungere attraverso la negoziazione di accordi commerciali stipulati tra i governi dei Paesi membri. L’apertura al commercio internazionale offre vantaggi sia alle aziende orientate all’export, che trovano nel mercato estero uno sbocco per i loro prodotti e servizi, sia per i consumatori finali che, grazie all’aumento della concorrenza, possono avere accesso ad una gamma di beni e servizi più ampia ma a prezzi ridotti. Ulteriore vantaggio dell’intensificazione del libero commercio internazionale è favorire la pace;  forti relazioni economiche stabilizzano le relazioni tra Paesi. L’altra faccia della medaglia del libero commercio vede i produttori locali subire gli effetti della competizione serrata delle aziende straniere. Per molti l’incapacità di tenere il passo con il calo dei prezzi derivante dalla maggior competizione, porta ad un calo della produzione interna che può arrivare in casi estremi alla chiusura delle attività commerciali meno produttive. Con conseguenze negative in termini di perdita di posti di lavoro. Ed è su queste argomentazioni che si è appellato Trump in campagna elettorale.
E il protezionismo: Chi, in economia, difende il protezionismo di stampo keynesiano, sostiene invece che in un sistema protezionista, con l’applicazione di dazi doganali sui prodotti importati dall’estero, l’industria nazionale acquisirebbe una maggiore protezione e si ridurrebbero le tensioni occupazionali nei settori che maggiormente risentono della pressione competitiva. Questa opinione però dimentica quali sarebbero gli effetti sui prezzi dei prodotti che, invece, subirebbero un sostanziale aumento proprio a causa della minore competizione sui mercati. Infatti, nel caso di introduzione di politiche protezionistiche, ad uscirne svantaggiati sarebbero sia i consumatori finali, poiché avrebbero a disposizione una minore quantità e varietà di prodotti a prezzi più alti rispetto a prima, sia le aziende esportatrici, penalizzate dall’ uscita dagli accordi commerciali. Il protezionismo non è una novità negli Stati Uniti. All’indomani della Grande Crisi del 1929, erano state innalzate delle barriere protezionistiche elevate, proprio allo scopo di difendere lavoro e produzione nazionale.
La questione attuale: Fare leva sulle pressioni protezionistiche e sullo strappo con i principali partner commerciali mondiali, è stato il tema della campagna elettorale di Donald Trump con lo scopo di ottenere consenso negli Stati  maggiormente sofferenti  per i nuovi scenari competitivi.«Quando sarò eletto presidente, se sarà bloccato il mio piano per tassare le aziende americane che importano , farò uscire gli Stati Uniti dalla World Trade Organization »dichiarava Donald Trump. Uno dei maggiori rischi dall’uscita del WTO è connesso alla perdita del trattamento di nazione favorita, accordo con  cui gli Stati contraenti si impegnano a concedersi reciprocamente il trattamento più favorevole in una determinata materia (ad es. commercio, navigazione, circolazione delle persone, ecc.) che se disatteso comprometterà i rapporti con 163 paesi mondiali , rischiando di innescare una guerra commerciale con dazi innalzati a catena. Gli effetti sarebbero disastrosi per le aziende americane che esportano i loro prodotti all’estero. Lo sarebbero anche per la classe media americana in quanto  un invevitabile aumento dei prezzi peserebbe notevolmente sui bilanci delle famiglie e in ultima analisi sui consumi aggregati. Intanto, nonostante il “tutti contro Trump”, lui non demorde. Anche all’interno della Casa Bianca si scontrano due scuole di pensiero, una a favore sostenuta dal ministro del commercio Ross (che è andato in Tv con una lattina di Coca Cola sostenendo che l’alluminio per fabbricarla non inciderà sul prezzo al consumo) e una profondamente contraria all’idea del presidente ,guidata dal capo dei consiglieri economici Gary Cohn, pronto ad andarsene. Ma inflessibile, Trump, rilancia il suo annuncio dicendo: Se non hai acciaio, non hai un Paese”. Donald Trump ha promesso infatti che la prossima settimana limiterà le importazioni di alluminio e acciaio con dazi dal 10 al 25 per cento.E ha minacciato di imporre forti tassazioni anche sulle automobili che dall’Europa vengono riversate sul mercato americano. Questa volta la decisione del presidente non è stata presa bene nè dalla Borsa che è in picchiata da 2 giorni e nemmeno da alleati e partner internazionali dell’America che si sono già messi a valutare le misure di rappresaglia. La dichiarazione unilaterale di “guerra commerciale” che il presidente Usa ha messo sul tappeto partendo da alluminio e acciaio, sta scatenando le contromisure di Pechino, ma anche della Ue, che mercoledì si riunirà per valutare le contromosse.

  Le reazioni: Tutte le Borse europee (bruciati 170 miliardi in un giorno) e Wall Street, ma soprattutto quelle asiatiche da Tokyo a Seul, hanno reagito negativamente all’indicazione di Trump, con la Corea del Sud che si è già dichiarata profondamente contraria. Per Bruxelles la reazione è di immediata “deplorazione” e il portavoce del commissario Juncker dichiara: “Non restiamo inattivi mentre vengono minacciate le industrie europee e il lavoro. La Ue sta preparando dazi sull’importazione di prodotti Usa come Harley-Davidson, Bourbon, Levi’s”.Al telefono con Trump, ieri sia Merkel che Macron hanno espresso tutta la loro contrarietà e preoccupazione al presidente Usa. Da Pechino e Mosca c’è un forte invito alla “moderazione”. Il capo della delegazione economica cinese Liu He, braccio destro del presidente Xi, ha messo in guardia Trump contro ogni azione unilaterale.

Miriam Sgro

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