S. – Amici del Metropolitano, ci troviamo qui con il Presidente di Confesercenti, Claudio Aloisio. Claudio, sei reduce della trasmissione “Quinta Colonna”, di Rete Quattro, dove hai parlato di Reggio Calabria, e dove è stato messo in luce che sia la città più tassata d’Italia, com’è possibile?
C. – In Italia, purtroppo stiamo vedendo come tante cose che non si reputano di buon senso, diventano possibili e questa situazione, è una di quelle. Stiamo parlando di una città, che è fanalino di coda per quanto riguarda tutta una serie di dinamiche molte importanti. In tutte le altre nazioni solitamente si tende ad aiutare lo sviluppo di quelle città che sono indietro, in Italia, invece succede la cosa contraria. Noi siamo i primi come disoccupazione giovanile, ci superano solo due città spagnole, con il particolare che sono delle enclave del Marocco, siamo la città con la più bassa occupazione in Italia, su 100 persone solo 31 sono occupati, siamo la città con le famiglie più povere d’Italia. Una famiglia reggina, può spendere all’anno in media 20.0000, contro i 36.000 delle famiglie delle altre città. E tra l’altro, la situazione sta peggiorando. Siamo la città dove si pagano i più alti tassi di interesse dal punto di vista bancario. Dati realmente incomprensibili. Con questi dati negativi, e con la microcriminalità organizzata, e i disagi che ne derivano, come ci ritroviamo ad essere la città più tassata d’Italia? E i servizi che noi riceviamo in cambio delle tasse che paghiamo, sono assolutamente insufficienti. La dotazione infrastrutturale della nostra città è da terzo mondo, vedi aeroporto, ferrovie, ecc. Quindi gli imprenditori, si ritrovano come un’atleta che in una corsa dei 100 metri, parte 50 metri dietro, rispetto a tutti gli altri concorrenti. Queste sono situazioni inconcepibili. Tutte le politiche di sviluppo, che sono state fatte, hanno fatto si che la distanza tra nord e sud si acuisse, noi oggi siamo più poveri di 20 anni fa. Quindi in un contesto di questo genere, dove le aziende vanno a delocalizzare, perchè non riescono ad essere competitive con le altre d’Europa per le troppe tasse che devono pagare, dove l’economia è ostaggio, per molti versi, della criminalità organizzata, non c’è alcuna possibilità di poter crescere. Dunque, dal punto di vista imprenditoriale, questa città, sta andando a morire.
S. – Qual’è la prima cosa che si può fare per migliorare la situazione e quindi anche quella delle piccole e media imprese reggine?
C. – Si possono fare tante cose. Noi abbiamo una cosa che nessuno ci può togliere, le bellezze del nostro territorio, il patrimonio artistico e culturale. Per esempio, il Museo dovrebbe bastare da solo, a portare ricchezza in città. Nel 2016 i turisti stranieri sono aumentati di un terzo rispetto al 2015, ma la spesa di questi, è stata inferiore rispetto all’anno prima. Questo significa, che chi va a vedere il Museo, non rimane in città, se ne va. Ritornando alla domanda, si possono fare parecchie cose. Prima di tutto noi imprenditori, dovremmo metterci insieme e quindi creare delle reti per invogliare il turista a rimanere in città e a spendere nelle attività commerciali. Ma l’altra cosa importante, è quella che non possiamo fare noi, ma la politica nazionale, in maniera seria, semplicemente prendendo atto della situazione, del fatto che non ci sono stati dei risultati con gli interventi passati e cambiare quindi paradigma e cioè non vedere più, Reggio Calabria come un problema, ma come un’opportunità. Cioè vedere il territorio come un esperimento, per mettere in atto misure per renderlo vivibile e tenere in considerazione che l’Italia, non è tutta uguale. Non si possono usare cioè, gli stessi sistemi per tutta Italia. I finanziamenti a pioggia e a fondo perduto non sono serviti, bisogna usare il buon senso. Un’azione del governo che implementi la Zes e la estenda a tutto il territorio metropolitano e ancor meglio a tutta la Regione, sarebbe utile, poi inserire un discorso in cui i contributi che pagano le aziende del sud, siano inferiori, affinchè in una zona disagiata, gli imprenditori possano riuscire ad avere le stesse opportunità degli altri, non per essere favoriti, ma per sopperire agli svantaggi che hanno. Quindi pagare i contributi con una sforbiciata del 50-60%, insieme ad una fiscalità bilanciata, permetterebbe all’imprenditore disagiato di competere ad armi pari con i suoi omologhi di altre regioni, permetterebbe di assumere personale e di investire nella propria attività. Questa dovrebbe essere la prima cosa da fare, ma non come intervento straordinario, dunque limitato nel tempo, a noi interessa una misura strutturale che duri sempre, fino a quando i dati economici non inizino a dare i risultati che ci si aspetta e quindi uno sviluppo consolidato e duraturo. Un’altra cosa da fare, potrebbe essere quella di utilizzare i fondi di garanzia Fidi, che già ci sono, per accedere al credito in maniera agevolata. La banca viene garantita per l’80% da questi fondi, ma il problema è il restante 20%, per il quale, la banca richiede delle garanzie che molte aziende reggine, non hanno. Allora un’ipotesi potrebbe essere, che lo Stato garantisca l’altro 20%, in maniera tale che diventi semplice pure da noi accedere al credito, perchè il nostro credito agevolato non è altro che il credito normale di altre città, di altre regioni. Si potrebbe inoltre, valutare quali siano gli obiettivi specifici, funzionalmente alla zona in cui si opera. Da noi, il turismo, così come la parte della produzione agricola, vinicola che si sta sviluppando molto bene, possono essere delle cose su cui puntare, quindi andare ad incentivare gli investimenti in questi settori, tramite una defiscalizzazione degli investimenti, tramite una semplificazione delle procedure, anche per le strutture ricettive e di accoglienza. A livello turistico però, un problema nostro, è che abbiamo molte poche strutture che possono gestire grandi flussi di turisti e perdere questi flussi è un handicap, e per crearle ci vuole chi investe e ci vogliono i tempi. Quindi perseguire questa strada, potrebbe essere vantaggioso, invogliando così ad investire qui nella nostra città. Questo si può fare solo, se questi tipi di interventi diventano strutturali e non una tantum. Quindi meno soldi dati a pioggia, meno risorse a fondo perduto, meno straordinarietà negli interventi e più normalità. Queste io credo, che possano essere misure, non so se salvifiche, ma di buon senso, che però devono essere valutate in maniera seria, facendo un mea culpa su tutto quello che la politica nazionale ha fatto fin’ora, sul nostro territorio e nel Mezzogiorno.
S. – Bene, noi ti ringraziamo e speriamo che la situazione cambi.
C. – Grazie a voi.