Voglio oggi condividere in lettere e consonanti uno dei miei tanti personalissimi sogni, e cioè quello di poter veder tornare a essere il contesto in cui tocca oggi gravitare, un luogo di produzione culturale, oltre che di tradizione e conservazione. La società nella quale oggi viviamo necessita già da subito di un nuovo sogno che porti idee a discapito di condivisi programmi restituendoci la politica per ciò che è nella sua essenza, sempre e comunque attenta nel guardare i bisogni del territorio e con il solo sacro obiettivo di realizzare un nuovo corso del paese ripartendo dalla parola “Cultura”. Cultura che va quindi intesa in senso lato, comprendendo in questo settore non solo l’arte, la musica, il cinema, il teatro, ma anche la moda, la televisione, il paesaggio e il turismo. Le civiltà giudaico-cristiane che ci hanno destinato a vivere, ci hanno plasmati educandoci nell’individuo come persona libera in quanto soggetto autonomo dotato del libero arbitrio, in grado di decidere della sua vita e del suo destino, rispettoso al tempo stesso della vita dell’altro come prossimo. Autonomia della persona, senso di responsabilità, rispetto per la vita propria e altrui sono i valori che ci dovevano distinguere dalle altre civiltà. I valori della persona libera e le virtù civili dovevano nel tempo costituire quell’identità culturale di popolo che rende da sempre grande ogni comunità. Bisogna pertanto ripartire oggi più che mai “dal basso”: cioè, stimolare la capacità di produzione culturale dal territorio, con l’obiettivo di realizzare politiche di lungo periodo nell’ambito di nuova Idea di governo del Paese che sia essa stessa ambiziosa. Urge da subito intendere nuovamente la cultura in senso lato, comprendendo nuovamente in questo settore, il paesaggio e il turismo. Sì, ma mi chiedo ma nel concreto cosa fare? Nel concreto mi posso rispondere che occorre varare politiche di decentramento della cultura che urge sdoganarla dal suo essere oggi istituzionale riscoprendo nuovi modelli di reclutamento in formazione. Mi chiedo, dove sono più i Pasolini e i Petri, i Moravia e gli Sciascià che non troppi anni fa si spensero e sembra già essere passato un secolo? Ma anche senza la loro critica sociale, mi chiedo, dove sono i grandi artisti coraggiosi che si conquistavano con merito e non senza fatica la possibilità di esprimere la loro arte? Forse sono morti dietro un sistema troppo assistenzialistico che ha fatto dell’Italia un paese senza più il coraggio di azzardare veramente ad “essere contro”, troppo facile da tenere buono. Credo fermamente che siamo sempre di più un paese troppo impaurito di perdere la possibilità di salire sul “palcoscenico”. Non c’è più lo scontro ideologico, c’è solamente uno scontro d’interessi senza frontiere, dove non conta come si vince … conta se si vince. Tutto ciò probabilmente non accadrebbe se riuscissimo ad avere un occhio sempre attento a ciò che avviene all’estero. Purtroppo, non riuscendo più ad avere grandi riconoscimenti dal resto del mondo, siamo diventati autoreferenziali. Ci compiaciamo della nostra mediocrità e accusiamo il mondo stesso che non riconosce la nostra grandezza … che in verità abbiamo perso. Ciò fa di noi oggi un paese privo di umiltà e incapace di confronti veri. Cosa non ci rende coscienti della nostra discesa? Proprio non lo so e si mi confronto con la gente che mi circonda, sembra solo che quasi tutti hanno come perso la memoria del tempo che fu e non rimane che una paurosa e dilagante ignoranza che fa dell’Italia il paese che abbiamo tristemente quotidianamente sotto gli occhi, accettando in modo distruttivo incompetenza come semplice espressione dei nostri tempi senza che neanche tutto ciò possa bastare per far scattare in noi un anche flebile suono di un campanello d’allarme. Ci si dovrebbe finalmente ricordare di più delle lotte fatte per far sì che l’istruzione potesse arrivare a tutti. Istruzione intesa come coscienza non solo di popolo ma di rispetto verso gli altri individui. Invece, oggi l’ignoranza in Italia non è più ritenuta un pericolo grave. La cultura è sacrificabile…in virtù di cosa però non si capisce. Quello che vedo regnare intorno a me è semplicemente una corsa ai pochi finanziamenti rimasti come se fosse “l’Eldorado”. Una corsa il più delle volte già segnata e programmata da menti che portano avanti appunto programmi come soluzione e non idee come linfa vitale di un popolo anestetizzato ad arte e tristemente addormentato.
Gattuso Maurizio Domenico