Per gli oltre 80.000 lavoratori dipendenti assunti nel gennaio 2015 con un contratto a tempo indeterminato, dal prossimo mese, ricorda l’Ufficio studi della CGIA, termina il beneficio della decontribuzione totale introdotto dalla legge n° 190/2014 (vedi Tab.1). In buona sostanza, per i datori di lavoro di questi dipendenti verrà meno lo sgravio contributivo Inps. Una misura, quella introdotta nel 2015 dal Governo Renzi, che ha consentito agli imprenditori che hanno assunto un lavoratore a tempo indeterminato durante tutto l’arco del 2015 (o trasformato un rapporto di lavoro a termine in uno a tempo indeterminato), di non versare alcun contributo previdenziale per i successivi 36 mesi, con l’impegno, da parte dell’imprenditore, di non licenziare questo neoassunto prima che il rapporto di lavoro compia il terzo anno di vita. Per gli imprenditori si è trattato di un vantaggio economico fino a 8.060 euro all’anno per ciascun dipendente assunto con questa modalità.
“Venuto meno il vantaggio economico – segnala il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo –auspichiamo che una parte di questi lavoratori dipendenti non venga lasciata a casa. Conti alla mano, qualche imprenditore che non ha ancora agganciato la ripresa potrebbe essere tentato di licenziare questi lavoratori. Dopo aver risparmiato nel triennio 2015-2017 fino a 24 mila euro per ciascun lavoratore assunto a tempo indeterminato e facilitato dalla soppressione dell’articolo 18, il licenziamento di un lavoratore che ha beneficiato della decontribuzione totale costerebbe all’impresa, in prima battuta, un ticket di circa 1.500 euro; a questo esborso, nel caso il dipendente impugni il licenziamento e il giudice gli dia ragione, si potrebbe aggiungere un indennizzo per i lavoratori alle dipendenze di imprese con più di 15 addetti fino ad un massimo di 24 mensilità. Ipotesi, quella del ricorso al giudice del lavoro, che nei fatti potrebbe essere evitata attraverso la stipula di un accordo economico tra le parti, meno oneroso per l’impresa ma, comunque, onorevole per il dipendente, che consentirebbe al titolare di chiudere il rapporto con un saldo positivo, tra quanto risparmiato in termini contributivi e quanto erogato in termini di ticket e di ristoro all’ex collaboratore”. In tutto il 2015, invece, le assunzioni con la decontribuzione totale sono state poco più di 1.444.000 (1 milione e 79 mila in senso stretto a cui vanno sommate 363,6 mila trasformazioni di contratti a termine). Sempre in questi 12 mesi, le assunzioni con lo sgravio contributivo totale (1,44 milioni) hanno riguardato circa il 60 per cento del totale delle assunzioni a tempo indeterminato (quasi 2,5 milioni). A livello territoriale la regione che nel gennaio 2015 ha registrato il maggior numero di assunzioni con il beneficio della decontribuzione totale è stata la Lombardia (15.449), seguono il Lazio (9.391), l’Emilia Romagna (8.486), il Veneto (7.287) e la Campania (6.849). La macro area più interessata da questo fenomeno è stata il Nordovest (23.280), ma altrettanto significativo è stato il risultato ottenuto dal Mezzogiorno (20.450) (vedi Tab. 2).
“Sebbene siano ancora troppo elevate e la riduzione risulti insufficiente – dichiara il Segretario della CGIA Renato Mason – le tasse sul lavoro stanno diminuendo. Ricordo, tuttavia, che i dati Ocse relativi al cuneo fiscale in percentuale del costo del lavoro dei dipendenti senza familiari a carico in Belgio, Francia e Germania sono superiori al nostro. Per appesantire le buste paga dei nostri lavoratori è necessario aumentare la produttività che da noi è molto bassa per il semplice motivo che, rispetto a 40 anni fa, non abbiamo più le grandi imprese”. Degli 80.180 dipendenti assunti nel gennaio del 2015 con la legge n° 190/2014, il 61,7 per cento ha riguardato i maschi e il 38,3 per cento le femmine. La fascia di età più interessata è stata quella compresatra i 30 e i 39 anni: i rapporti di lavoro avviati sono stati 26.672 a cui segue la coorte tra i 40 e 49 anni che ha contribuito per 21.796 assunzioni (vedi Tab. 3). Più in generale, ricorda l’Ufficio studi della CGIA, negli ultimi 3 anni il cuneo fiscale è diminuito in misura strutturale di 13,3 miliardi di euro. Grazie all’introduzione del bonus di 80 euro, che grava sulle casse dello Stato per 8,9 miliardi l’anno, e all’eliminazione dell’Irap dal costo del lavoro dei dipendenti in forza all’azienda con un contratto a tempo indeterminato, che consente agli imprenditori di risparmiare 4,3 miliardi l’anno, il peso delle imposte e dei contributi previdenziali sul lavoro è iniziato a scendere (vedi Tab. 4). Se teniamo conto anche degli sgravi contributivi introdotti per il 2015 e il 2016 dal Governo Renzi, misure comunque temporanee che si esauriranno entro dicembre 2018 e a beneficio delle imprese che hanno assunto dipendenti con un contratto a tempo indeterminato, la “sforbiciata” aumenta di altri 15 miliardi di euro (vedi Tab. 5).
La CGIA, infine, ricorda che con la legge di Bilancio 2018 è stato introdotto un nuovo sgravio contributivo Inps del 50 per cento a beneficio delle imprese, per i primi tre anni di contratto a tutele crescenti per i soggetti under 35 anni e con tetto annuo di 3 mila euro; dal 2019 la soglia si abbassa a 30 anni (non compiuti). Inoltre lo sgravio previsto per il 2018 salirà al 100 per cento in due
casi:
con la sottoscrizione di un contratto a tutele crescenti per giovani fino a 29 anni, assunti entro 6 mesi dall’ottenimento del titolo di studio che hanno svolto alternanza o periodi di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale o in alta formazione, oppure iscritti al programma garanzia giovani;
per tutti i disoccupati da più di 6 mesi nelle otto regioni meridionali (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna) assunti a tempo indeterminato; in questo caso gli sgravi saranno possibili solo per una durata di 12 mesi (proroga del bonus Sud), anziché 36 mesi.
fonte — http://www.cgiamestre.com