“Noi puntiamo su di un modello punitivo classico di natura penalistica che si regge sul verificarsi di un evento morte. Che la legge sul femminicidio non dissuadesse, non eliminasse il fenomeno era ovvio per chi conosce il sistema penale. Il diritto penale interviene quando un evento, in questo caso l’evento morte, si è verificato. La minaccia di pene anche di morte non dissuade il criminale dalla commissione del reato”. Questo l’intervento sul femminicidio di Nico D’Ascola presidente della Commissione Giustizia del Senato al convegno “Politica, Etica, Diritto e Salute” presso la sala del consiglio comunale di Palmi. “Questa legge non ha funzionato e non poteva funzionare perché implica che un omicidio si sia già verificato. Per altro, sono omicidi frequentemente commessi in condizione di impeto, in condizione di un dolo particolarmente forte che è ribelle all’intervento punitivo dello Stato in vicende occasionali. E’ una vicenda – ha proseguito D’Ascola – la quale non è correggibile attraverso qualsivoglia forma di intimidazione la quale contraddittoriamente rispetto al risultato che dovrebbe centrare implica il verificarsi dell’evento. Noi abbiamo introdotto, con un mio emendamento, il delitto di atti persecutori, l’art. 612 bis, all’interno delle misure di prevenzione. Perché intanto gli atti persecutori sono prodromici ordinariamente rispetto al verificarsi dei cosiddetti femminicidi. Il femminicidio – ha continuato il presidente – nasce da una evoluzione drammatica di rapporti ordinariamente sentimentali, per lo meno sino ad un certo punto sentimentali o matrimoniali, quindi è caratterizzato da una progressione. Si realizza a conclusione di vicende contrassegnate dal verificarsi di tutta una serie di intimidazioni, aggressioni, persecuzioni, disturbi telefonici. Una sorta di condotta di vita costante che determina al suo culmine il verificarsi dell’omicidio. Significa che c’è un ampio intervallo temporale all’interno del quale si può intervenire per prevenire il verificarsi dell’omicidio. Se a questa persona che intimidisce, minaccia, perseguita le forze dell’ordine applicano una misura di prevenzione, revocano la patente di guida, una autorizzazione, una licenza, lo obbligano ad andare altrove o a vivere in un domicilio dal quale potrà uscire oltre una certa ora al mattino e dentro il quale dovrà ritornare entro un certo orario, se gli impongono di firmare un libretto, se lo controllo, saremo intervenuti non dopo l’omicidio. Da quando è entrato in vigore il nuovo codice antimafia – ha concluso il presidente – c’è un’altra via che prevede la possibilità che si intervenga prima per salvare la vita delle donne, attraverso il controllo di chi le minaccia”.
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