Sul fronte incendi in Calabria, dal primo giugno al 28 agosto scorso, sono stati registrati ben 7.773 roghi .L’estate 2017 da questo punto di vista si rivela anomala e per certi versi inquietante. Secondo il capo della Protezione civile regionale, Carlo Tansi,si tratta di “una strategia criminale ben organizzata sul territorio sulle cui cause occorre faccia luce la magistratura”. Sempre secondo un’analisi preliminare della Protezione civile, la provincia di Cosenza è quella più colpita con 2.549 roghi e un incremento, dell’85%. Nel cosentino sono andati bruciati 413,08 Kmq, il 6,2% della superficie dell’intera provincia. “Ma ciò che è aumentato a dismisura – evidenzia Tansi – sono le superfici percorse. In provincia di Cosenza ( precisamente a Rose, Acri, Longobucco, Morano, Mormanno e Papasidero sul Pollino) si sono registrati pochi incendi ma con superfici bruciate estese tra i 25 e i 40 kmq e sono andati in fumo oltre 200 kmq di conifere prevalentemente dei parchi della Sila e del Pollino. Per Tansi “è stato preso di mira e violato in modo deciso il patrimonio boschivo dei parchi nazionali calabresi. Ma c’è un altro inquietante elemento di novità ed è quello dei punti di appicco “scientemente disposti, lungo le principali strade oppure lungo i valloni, dove il vento si incanala aumentando la velocita’ di propagazione e quindi il potere distruttivo degli Incendi, intorno ai polmoni verdi della regione per bruciare superfici quanto piu’ ampie possibili”.“E’ stata – conclude il responsabile della protezione civile calabrese – una lotta impari: non si fa in tempo a spegnere un incendio, dopo giorni di lavoro stremante e ininterrotto, che nella stessa zona ne ripartono altri 3-4-5 contemporaneamente, appositamente orchestrati per mettere in crisi il sistema preposto allo spegnimento degli incendi”.
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