Per il Tribunale di Roma il legame affettivo con fido è dimostrato dalle onerose spese sostenute per le sue cure tanto da far superare la considerazione dell’animale “cosa”. Liquidato anche il “danno morale” al proprietario per l’apprensione, sofferenze e disagi per le lunghe cure
Non è più possibile che ai giorni d’oggi gli animali vengano considerati alla stregua di oggetti. Lo si comprende dai reciproci sentimenti o anche solo legami che s’instaurano tra padroni o appassionati e bestiole, ma anche dalla legislazione e giurisprudenza, quest’ultima sempre più orientata a riconoscere valore, e come tale liquidabile economicamente, ai rapporti che si creano. In tale ottica, per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, vale la pena dare il giusto risalto alla sentenza 19747/16, pubblicata dalla dodicesima sezione civile del tribunale di Roma, nella persona del giudice Isabella Di Lalla che ha riconosciuto sia il diritto ai danni patrimoniali che non patrimoniali, al proprietario di un cane investito da un furgone. Per il giudice capitolino, una volta stabilita l’esclusiva responsabilità del conducente del veicolo nell’investimento, il fatto che il padrone si sia fatto «carico di lunghe e costose terapie, con spostamenti continui da Faleria – comune di residenza – alla clinica veterinaria romana, per far curare al meglio il cane denota una notevole affezione nei suoi confronti, tale da consentire il superamento della considerazione dell’animale come “cosa”. Viene quindi meno necessariamente il limite del valore economico del bene danneggiato quale criterio fondativo della misura del risarcimento spettante al proprietario.» Per il Tribunale, quindi, per il danno patrimoniale patito compete l’ammontare di € 4.780,00 pari alla somma degli importi di tutte le fatture comprovanti le spese che egli ha sostenuto per le cure del cane. Peraltro, in casi come questi dev’essere risarcito anche il danno non patrimoniale patito dal padrone in quanto la fattispecie è da ritenersi astrattamente configurabile come reato. Per il togato, tale voce di danno, trova giustificazione sia nella comprensibile apprensione per la sorte dell’animale, così gravemente ferito, sia nelle sofferenze e disagi e nei condizionamenti verosimilmente provati nei circa tre mesi di terapia resisi necessari per curarlo, periodo sicuramente apprezzabile durante il quale il cane inevitabilmente, giacché impossibilitato a muoversi autonomamente, ha avuto bisogno dell’aiuto e dell’assistenza continui del suo padrone. Per tale voce di danno è stato ritenuto equo liquidare la somma di € 1.000,00. Insomma, al conducente e all’assicurazione per la RCAuto del mezzo non resta che pagare anche le spese di lite, a seguito di un precedente che si rileverà senz’altro assai significativo nelle numerose azioni a tutela dei proprietari di animali domestici che anche la nostra associazione ha avviato nei vari fori del territorio nazionale.
c.s. – Giovanni D’Agata