I danni da fauna selvatica, ormai da tempo, sono divenuti insostenibili; i cinghiali, in particolare, stanno devastando il territorio calabrese. La situazione è grave, insostenibile e non governata; gli incidenti sono in continuo aumento. Sono anni che denunciamo ciò che si sta puntualmente verificando, ma il fenomeno è stato sottovalutato dalle diverse Istituzioni. Anni in cui sono stati convocati più volte tavoli e riunioni durante i quali sono stati sempre promessi interventi, anche straordinari, che puntualmente non sono mai arrivati. Nel tempo al fine di soddisfare le richieste provenienti dal mondo venatorio, sono state attuate ripetute campagne di immissioni e ripopolamenti, in particolare di cinghiali di specie alloctone, aventi dimensioni e prolificità elevate, anche in territori dove il cinghiale non è mai esistito. Il risultato è stato occupazione e distruzione di quanto da essi incontrato. Finite le scorribande dei cinghiali sui seminativi, adesso, sono presi di mira i campi di ortaggi e soprattutto i vigneti, anche quelli che garantiscono le produzioni di pregio in tutta la Calabria, con danni consistenti per la produzione ma anche agli stessi impianti. A tutto ciò si aggiunge la problematica sanitaria: diversi capi abbattuti sono risultati affetti da tubercolosi, in base a quanto accertato dai servizi veterinari; essendo il cinghiale animale selvatico e in continuo movimento, è assai probabile la diffusione della malattia. Ciò sarebbe catastrofico per il settore zootecnico calabrese. La situazione è ormai fuori controllo in tutta la Regione, se oggi siamo in emergenza significa che la gestione ed il sistema di caccia finora attuati sono stati inefficaci; di fatto hanno fallito! Bisogna tener presente che le esigenze degli agricoltori e dei cittadini non sono quelle del mondo venatorio; i due interessi vanno tenuti separati e distinti. Infatti, è impensabile affidare il “governo” di una partita così complessa ai soli cacciatori. E’ necessario avere il coraggio di apportare delle sostanziali modifiche all’attuale sistema di caccia, tra le quali la rotazione annuale delle squadre di caccia nelle aree assegnate. Questa e altre misure potrebbero risultare impopolari ad alcuni, ma riteniamo che il cibo e l’incolumità fisica delle persone siano sempre un gradino più in alto! Gli interventi messi finora in campo dalla Regione Calabria con il selecontrollo, sono stati solo alcune gocce nel mare; vanno attuate immediatamente misure adeguate e mirate di contenimento, come deliberato in questi giorni in Toscana, quali la “braccata” bisogna affidare gli abbattimenti a “personale istituzionale” ed ai proprietari e conduttori dei fondi muniti di porto di fucile e licenza di caccia, per come si è espressa di recente anche la Corte Costituzionale. Detti piani vanno predisposti, con urgenza, anche nei Parchi e nelle Aree Protette, in particolare nel Parco Regionale Naturale delle Serre. Ad oggi la mancanza di provvedimenti efficaci, da parte della Regione Calabria, sta generando forti tensioni e contrapposizioni tra diverse squadre che esercitano la caccia al cinghiale e gli agricoltori. Invitiamo la Regione Calabria ad accogliere le richieste degli agricoltori a tutela delle produzioni, apportando le necessarie modifiche al “Disciplinare per la gestione faunistica – venatoria del Cinghiale”, che ancora una volta, se venisse adottato come proposto, dimostrerà sudditanza nei confronti di una categoria sportiva che non produce reddito, disinteressandosi e vessando coloro che producono cibo per se stessi e per tutti i cittadini.
Alberto Caputi – Confagricoltura Calabria
Nicodemo Podella – Cia-Agricoltori Italiani Calabria
Luigi Iemma – Copagri Calabria