Non vuole essere una biografia, lui non ha bisogno di presentazioni. Né un archivio della memoria, sarebbe solamente riduttivo. Vuole essere semplicemente un modo per ricordare di non dimenticare Paolo Borsellino e la strage di Via d’ Amelio 25 anni dopo quel tragico 19.07.1992. Se ne è parlato tanto, se ne è parlato ovunque. E forse non è ancora abbastanza. Se parlarne serve a celebrare, senza pretesa alcuna di eroismo, un giudice che non ha esitato a sacrificare la propria vita in nome di ideali di giustizia e verità, se serve a richiamare in causa le responsabilità di un pezzo di Stato che senza esitazioni ne ha ceduto un altro pezzo ai nemici dello Stato, se serve a ricordare un altro magistrato, Giovanni Falcone, ucciso a Capaci 57 giorni prima per difendere quegli stessi principi di libertà e legalità , se serve a tentare di rompere un muro di indifferenza, di contiguità, di complicità che allontana sempre più dal ritrovare quella verità ad ogni costo negata, nascosta, oltraggiata. Ma forse sono già troppi i se, i ma, i perchè, forse quel che è giusto ora è solo passare dal momento delle nostre 1000 parole al momento dell’ ascolto delle sue parole. Quelle che più lo rappresantano. Quelle più significative: «Mi uccideranno ma non sarà una vendetta della mafia, la mafia non si vendica. Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri»; «A fine mese, quando ricevo lo stipendio, faccio l’esame di coscienza e mi chiedo se me lo sono guadagnato»; «È normale che esista la paura, in ogni uomo, l’importante è che sia accompagnata dal coraggio. Non bisogna lasciarsi sopraffare dalla paura, altrimenti diventa un ostacolo che impedisce di andare avanti»; «Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene»; «Non sono né un eroe né un kamikaze, ma una persona come tante altre. Temo la fine perché la vedo come una cosa misteriosa, non so quello che succederà nell’aldilà. Ma l’importante è che sia il coraggio a prendere il sopravvento… Se non fosse per il dolore di lasciare la mia famiglia, potrei anche morire sereno»; «Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono d’accordo»; «Non ho tempo da perdere, devo lavorare, devo lavorare… E’ una corsa contro il tempo, per arrivare alla verità prima di essere fermato».Infinite le frasi che esprimono i suoi pensieri, la sua correttezza, la sua integrità morale.Il suo nome sara’ sempre e da tutti considerato come sinonimo ed esempio di rettitudine e onestà intellettuale, la sua morte non e’ stata e mai sara’ vana.Certe luci non si spengono….M.S
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