Un’alta concentrazione di stazioni sismiche per rilevare la microsismicità nel Lazio, Abruzzo e Molise. A mettere a punto il progetto SLAM, un team di ricercatori INGV. La ricerca è stata pubblicata su Tectonophysics
Oltre 7000 gli eventi sismici rilevati, nel quinquennio 2009-2013, dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) in una vasta area a confine tra le regioni Lazio, Abruzzo, Molise e parte della Campania. Lo studio ha permesso, grazie a un’alta concentrazione di stazioni sismiche, di individuare strutture sismiche collocate all’interno delle aree capaci di generare forti terremoti di magnitudo Mw fino a 6.8-6.9. Lo studio Seismic sequences and swarms in the Latium-Abruzzo-Molise Apennines (central Italy): new observations and analysis from a dense monitoring of the recent activity, è stato pubblicato su Tectonophysics (http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0040195117302238). Nella sua storia l’Appennino centrale è stato scosso da eventi significativi come quello del 1349, nella zona tra Venafro e Cassino, e quello del 1915 di Avezzano. Importante anche l’evento del 1654, nella provincia di Frosinone, di cui ancora oggi non è stato possibile identificarne l’esatta ubicazione per i pochi dati macrosismici a disposizione. “L’attività dell’esperimento di sismica passiva SLAM (Sismicità Lazio-Abruzzo-Molise) nasce per monitorare la crisi di Campoli Appennino (prov. di Frosinone), nel Settembre-Ottobre 2009”, spiega Alberto Frepoli, ricercatore INGV. L’idea di ampliare il numero di stazioni sismiche e di estenderlo a un’area più vasta, inizia nell’estate del 2010 con la raccolta sistematica dei dati acquisiti dalla Rete Sismica Nazionale dell’INGV e dalla piccola rete temporanea di 4 sensori sismici del progetto pilota di Campoli Appennino. In quella occasione si è notato un aumento della capacità di detezione di piccoli eventi sismici (fino a magnitudo ML 0.4), soprattutto grazie alla buona qualità di alcuni siti di registrazione, in particolare quelli di Introdacqua, Posta Fibreno e Giuliano di Roma. “In tutto 1310 gli eventi rilocalizzati”, prosegue Frepoli, “appartenenti al piccolo sciame sismico di Campoli Appennino nei due mesi del 2009 con magnitudo massima ML 3.6. Da qui l’importanza di proseguire il rilevamento microsismico con una rete temporanea più estesa, sfruttando la presenza di una ventina di postazioni sismiche temporanee della Rete Sismica d’Abruzzo, di cinque sismografi della Rete Regionale del Molise, di due sismografi della IESN (Italian Earthquake Seismic Network) e dei diciassette sensori della Rete Mobile e della Sezione Roma1 dell’INGV. Con circa 100 postazioni sismiche, quindi, è stato incrementato il numero di eventi rilevati, che hanno raggiunto per il quinquennio 2009-2013 il numero totale di 7011”. In passato non si è mai avuta una così alta concentrazione di stazioni sismiche in questa regione. Nello stesso periodo di tempo e nella stessa area in studio, la Rete Sismica Nazionale ha registrato 4392 eventi, 2619 in meno rispetto all’esperimento SLAM. Di questo grande dataset, 6270 eventi presentano una buona localizzazione. Questi sono utili sia per la determinazione di un nuovo modello di velocità crostale, che per il nuovo calcolo delle magnitudo di tutti gli eventi registrati. “Lo studio fornisce indicazioni per la valutazione del rischio sismico nella regione studiata, considerando che in quest’area sono presenti diversi centri abitati con più di 10.000 abitanti posti in prossimità del complesso sistema di faglie attive appenniniche. Inoltre, il gruppo di lavoro SLAM punterebbe alla riapertura dello storico Osservatorio Sismico di Montecassino, il quale valorizzerebbe ancora di più il territorio del Cassinate e potrebbe dare un contributo volto a migliorare la ricerca sin qui condotta”, conclude Frepoli.
c.s. – INGV