Con il 73,2% di pressione fiscale, per il secondo anno consecutivo, Reggio Calabria conquista il non invidiabile primato di capoluogo di provincia più tartassato d’Italia. Un primato di cui faremmo volentieri a meno e che diviene ancora più eclatante se lo si accosta ai risultati di altre classifiche: quella sulla qualità della vita che nel 2016 ha visto la Città Metropolitana al penultimo posto su scala nazionale, quella sull’occupazione che la vede all’ultimo posto con 37 occupati su 100 e, infine, quella che le assegna il terzultimo posto in Europa per quanto riguarda l’occupazione giovanile (58,7 % di disoccupati). In poche parole, le imprese reggine, pur dovendo operare in un territorio difficile, deficitario in termini infrastrutturali, sociali ed economici, con servizi per la gran parte insufficienti e inefficienti, in un contesto ambientale complicato dalla presenza della criminalità organizzata che soffoca ulteriormente le poche reali possibilità di sviluppo, pagano il 20% in più di tasse rispetto, ad esempio, a Trento e il 13% in più rispetto alla media nazionale. Evidentemente questa è una situazione insostenibile alla quale si deve ad ogni costo porre rimedio così da consentire alle forze sane della nostra città, agli imprenditori onesti e laboriosi che sono l’assoluta maggioranza, di lavorare e competere ad armi pari col resto d’Italia in modo da rimettere in moto un’economia asfittica ormai vicina al collasso. La battaglia contro l’illegalità, contro la ‘ndrangheta, contro il degrado culturale, non passa solo dalle indispensabili e insostituibili azioni repressive e di contrasto giudiziario, ma anche dalla creazione di condizioni che favoriscano uno sviluppo economico e sociale sano e perseguibile; passa dal rafforzamento di quell’economia legale e pulita fatta di tante piccole imprese guidate da donne e uomini coraggiosi che, con mille sacrifici, alzano ogni giorno le saracinesche, rischiano del proprio, mantengono faticosamente i pur bassi livelli occupazionali e non chiedono alcun favoritismo, ma unicamente di avere le stesse opportunità e gli stessi diritti dei loro colleghi che operano nelle altre città italiane.
Claudio Aloisio, Presidente Provinciale Confesercenti