Le cacce reali nell’Europa dei principi

La caccia accompagna da sempre la vita dell’uomo. Nei secoli passati fu un elemento caratteristico delle Corti Reali come testimonia il libro Le cacce reali nell’Europa dei principi (pp. 352, € 34,00) Leo S. Olschki Editore www.olschki.it a cura di Andrea Merlotti. È il primo volume della nuova collana Centro Studi della Reggia di Venaria – La Civiltà delle Corti. Le cacce reali non erano solo un passatempo del sovrano; erano regolate da un cerimoniale ispirato dalla vita di corte e contribuivano al consolidamento della corona. Il libro esamina le varie realtà reali europee: Danimarca; Inghilterra; Polonia; Lituania; Regno di Sardegna; Regno di Napoli; Granducato di Toscana e – per ultimo ma non ultimo – lo Stato Pontificio. Infatti, papa Leone X fu un appassionato cacciatore così come il cardinale Ippolito d’Este; il cardinale Ernst Adalbert von Harrach, arcivescovo di Praga e il cardinale Ascanio Maria Sforza. In seguito la Chiesa proibì ai prelati l’attività venatoria: introducendo però numerosi distingui come quello di poterla praticare con la debita moderazione. Scopriamo, inoltre, i santi protettori della caccia: sant’Uberto e sant’Eustachio. L’animale accostato a questi santi era il cervo che rappresenta l’uomo assetato di fede. A sant’ Eustachio è dedicata una cappella nella Reggia di Venaria. Mentre le reliquie di Sant’Uberto erano custodite nella Palazzina di Caccia di Stupinigi. Infatti, le cacce reali portarono alla realizzazione di residenze ad esse dedicate come la Reggia di Venaria o la palazzina di caccia di Stupinigi.

Tonino NOCERA

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