Col progressivo solidificarsi della “crisi” della politica, si accresce, nella ossatura della nostra Calabria, un fenomeno che potremmo definire curioso se non avesse le sue logiche spiegazioni. Anziché aumentare il numero dei componenti e degli uomini dotati di facoltà spiccate e di salda cultura, il “sistema” assorbe un certo numero di ciarlatani, di oneste mediocrità e di individui che a scuola sedevano sempre all’ultimo banco. Ah, se avessimo poggiato le mani e gli occhi sulle scritture di Cassiodoro e di Barlaam, di Leonzio Pilato e di Galeazzo di Tarsia, che incisero l’immagine universale della Calabria; avremmo di certo messo un’intera “classe dirigente” faccia al muro, oppure in castigo dietro la lavagna. E me per primo, che m’accingo a protestare, e invece non ho saputo disegnare neanche il ritratto di mia madre. Ora, se chi agita nell’aria non più di 20 o 30 vocaboli può persuadere una folla, se la mediocrità onesta può avere un contrappeso considerevole, questo fenomeno può essere, tuttavia, l’indizio rivelatore di una pericolosa mentalità che tende a contrapporre l’imbonitore al saggio, l’innocuo mediocre all’autonomo intellettuale. Ecco a cosa bisogna stare attenti: al culto dell’incompetenza quale valore espressivo di onestà. Null’altro abbiamo da dire, se non che degli illustri Padri del Pensiero e delle Azioni che sono patrimonio culturale dell’intera umanità di Calabria si dovrebbe tornare a parlare. Poiché è dalla portata di tali principi e di tali valori, dalle opere loro, dall’ordinamento di quelli che noi abbiamo tratto forza ed elevazione nella storia. Accorrete intellettuali calabresi, scrittori e poeti d’ogni contrada. Veniteci in soccorso, ché la carta vegetale chiama le vostre penne, come la terra l’aratro. Voi avete il dovere di compiere l’azione spirituale della storia di questa Calabria e di questa Città; e senza misurare lo sforzo, senza sosta e appello, dovete sostenere il processo di elevazione dall’ombra dell’oblio, dall’immotivato ed inesistente vuoto culturale, che ha nel tempo giustificato e consentito la tessitura di un silenzio tramato convenientemente per annullare e soggiogare la forza e la dignità del nostro popolo calabrese e reggino. Poiché l’unica politica da cui trarre ispirazione è, oggi, quella che mette in campo gli uomini di pensiero che ben sanno agire. Ecco perché imploriamo l’opera dell’arguto e sottile intellettuale, dello studioso abile e appassionato, di colui che componeva e costruiva il dibattito culturale. Ci faccia sentire la sua voce, il pensatore, la sua ansia mentale, la sua passione, la sua saggezza e conoscenza; scuota i torpori e scardini i blocchi imposti al grandioso movimento culturale che sottende la formazione della Calabria e della Città Stato Reggio, rallentata e deturpata dall’inganno. Dove siete, allora, Bernardino Telesio, Tommaso Campanella e Gioacchino da Fiore, che col vostro Spirito speraste di formare le menti e di comporre i valori dei governanti. Nelle ariose biblioteche mai entrarono molti dei nostri mediocri politici a cercare i vostri edifici d’inchiostro, ché se l’avessero veduti avrebbero almeno messo dopo il punto la lettera maiuscola. Del fascino della vostra oratoria che conquista e pesantemente condiziona, attendiamo il verbo della lectio, nella consapevolezza di essere noi stessi discendenza di quell’alto magistero che seppe guardare oltre. Voi, d’altronde, anticipaste la storia e i suoi fenomeni, mentre noi confidiamo ancora nella ricerca di qualcuno che indovini cosa c’è dietro l’angolo. A Corrado Alvaro, Mario La Cava e Saverio Strati, a Domenico Giampaolo e Fortunato Seminara, chiediamo di mostrarci ancora quella luce che ha spostato il peso delle epoche, che ha rimosso l’ingombro delle opache polveri del tempo e dissolto le ambiguità di quelle convenienze storiografiche che hanno gettato nell’oscurità il processo di crescita e di affermazione di un intero popolo e della Calabria. A loro noi domandiamo di darci da quel tempo il nostro tempo; viaggino da soli nelle singole meditazioni, nelle individuali considerazioni; ma terminata la loro creativa e intima elaborazione siano guida, amici e pungenti interpreti della quotidiana impresa umana. A voi tutti, scrittori nati e non ancora venuti al mondo, noi vi chiediamo quante mani e quanti occhi di governanti calabresi sentiste scorrere sulle copertine dei vostri libri e, tra questi, quanti di coloro che prima di pretendere di guidarci avrebbero bisogno di imparare a leggere. Con quegli uomini di razza e d’ingegno, che con taglio epigrafico e sentenzioso elaborarono i mali e le preghiere della nostra Calabria, noi vorremmo contrastare l’imperante rigurgito che di continuo sbava sulla storia, la nostra, che per la vastità dei suoi contenuti e dei suoi personaggi, attende di offuscare quella ufficiale e di spostare il baricentro della sua narrazione. Con loro vorremmo comprendere quali mirabili visioni e quali salvifiche proiezioni siano state concepite per la Calabria e per la Città Metropolitana di Reggio nella prospettiva del Mezzogiorno, dell’Italia, del Mediterraneo e dell’Europa. Forse i nostri campioni di cultura ci hanno parlato e mostrato la linea di un camminamento … ma noi non abbiamo ancora compreso. Senza di loro la Calabria non può essere capita; senza di loro la Calabria, nelle mani di tanti scadenti dirigenti, sarà solo una “conseguenza fisiologica ed ambientale”, presa in trappola dalla retorica e dall’improvvisazione. Per adesso “si recita a soggetto”. E’ il teatro che entra nel teatro, e quando gli attori non sanno recitare il copione, il regista spera che dal pubblico qualcuno abbia imparato la sua parte.