La sentenza consente all’imprenditore di usare l’arma detenuta per difendere la propria attività
Una sentenza, questa, che certamente farà discutere visto quanto accaduto solo pochi giorni fa. Secondo quanto ha affermato il TAR Liguria, seconda sezione, nella sentenza n. 256/2017, è consentito l’uso di un’arma detenuta legittimamente per difendere i propri beni nel luogo in cui l’imprenditore esercita la propria attività, laddove non vi è desistenza e vi sia pericolo d’aggressione. I giudici hanno accolto il ricorso di un imprenditore a cui il Prefetto di Savona aveva respinto l’istanza volta a ottenere il rinnovo della licenza di porto di pistola per difesa personale. L’uomo espone che, stante la sua attività nel settore del commercio di legname, ha spesso necessità di trasportare denaro contante destinato al pagamento dei clienti e dei fornitori della legna; ancora, aggiunge di essere titolare di porto d’armi dal 1975, sempre rinnovato. Inoltre, il ricorrente ha dimostrato di avere nel recente passato denunciato svariati furti di gasolio che aveva subito presso il piazzale della propria ditta. Il Tribunale Amministrativo, dichiarando fondato il ricorso, rammenta che ai sensi dell’art. 42 del R.D. 18.6.1931, n. 773, “il Questore ha facoltà di dare licenza per porto d’armi lunghe da fuoco e il Prefetto ha facoltà di concedere, in caso di dimostrato bisogno, licenza di portare rivoltelle o pistole di qualunque misura […]”.Se è vero, spiegano i giudici, che la licenza di portare rivoltelle costituisce una deroga al generale divieto di portare armi, e che la facoltà di rilasciarla è oggetto di una valutazione ampiamente discrezionale, è altrettanto vero che, in presenza di un’autorizzazione di polizia risalente nel tempo e oggetto di plurimi rinnovi, l’amministrazione, in sede di diniego, deve darsi carico di dimostrare il venir meno delle condizioni iniziali, che avevano formato oggetto di positiva valutazione in punto di “dimostrato bisogno”, ed il sopravvenire di nuove ragioni giustificative del diniego (Cons. di St., sent. n. 2313/2014). Nel caso di specie, la comunicazione dei motivi ostativi si è limitata a rilevare che il ricorrente avrebbe potuto avvalersi dei servizi offerti dal sistema bancario per evitare il trasporto di elevate somme di denaro, e che non ha subito minacce, aggressioni e reati di altro genere contro la persona. Si tratta, però, di motivazioni riferibili anche al passato, che tuttavia non erano mai state ritenute sufficienti a negare la sussistenza del dimostrato bisogno ai fini del rilascio della licenza per porto di pistola. A ciò si aggiunga che, da un lato, l’uso dei contanti sembrerebbe essere riferibile a esigenze dei fornitori e dei clienti, non già del ricorrente. La sentenza rammenta che l’ordinamento considera scriminante, e dunque consentito, l’uso di un’arma legittimamente detenuta anche al fine di difendere i propri beni all’interno di un luogo ove venga esercitata un’attività imprenditoriale, “quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione” (art. 52 commi 2 e 3 c.p., aggiunti dall’art. 1 della 13 febbraio 2006, n. 59). La sentenza del Tar Liguria, osserva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, è l’ultimo tassello di un dibattito mai placatosi sulla legittima difesa. Nel frattempo, la proposta di legge ordinaria n. 2892, a firma del leghista Nicola Molteni, è ancora ferma all’esame in Commissione. Sarà il far west?