Nonostante i volteggi dialettici a base di matematica relativista si siano prepotentemente imposti nel dibattito (ormai logoro) elevatosi intorno alla ventura del nostro Aeroporto, ci persuade il fatto che la ricercata intelligenza dei numeri, le equazioni e i rimedi aritmetici non possano suggerire le direttive umane, le sole a creare le idee e le strategie, i progetti e le visioni. Sicché l’assenza prolungata di queste direttive ci ha costretti a veder sfilare, dinanzi a noi, come in una cinematografia, tanti falsi eroi con una calcolatrice in mano, pronti a dirsi salvatori dello scalo reggino. Io temo che presso molti di noi non si sia ancora compreso la delicatezza e la drammaticità del momento: che l’Aeroporto dello Stretto, cioè, rischia la chiusura. Il nostro Aeroporto, con convenienza territoriale, è inscritto nella dimensione dello Stretto, del Mediterraneo e dell’Europa; si è naturalmente adagiato sulle adiacenze di un geografia liquida e terranea, divenendo una intelligenza artificiale opportunamente posizionata nella infrastruttura nativa che lo contiene. Esso, dunque, ispira un avanzamento, una tensione, una connessione; consiglia, per se stesso, la funzione di scambio e di connessione corporea e incorporea, di osservatorio per la sicurezza del bacino del Mediterraneo, di informazioni; si propone come snodo di flussi e di trasporti, come infrastruttura logistica nelle traiettorie commerciali e dei principali corridoi intermodali che da Nord a Sud, da Oriente ad Occidente riceverebbero risposte istantanee dal centro del Mediterraneo. Poi vi è l’Aeroporto nella Città Mediterranea, con il suo fabbisogno di dotazione tecnologica, con le sue istanze di servizi alla mobilità e alla persona, per un bacino potenziale di oltre 1,5 milioni di abitanti che popolano le provincie di Reggio Calabria e Messina, incluse le Isole Eolie per cui il nostro Aeroporto costituisce la più funzionale connessione. Una “catchment area” il cui numero aumenterebbe attraverso la valorizzazione della rete e delle infrastrutture di collegamento “acqua – terra” (stazione ferroviaria, pontile per gli aliscafi) presenti in prossimità del sedime aeroportuale, nonché quelle “ferro – gomma” per la mobilità all’interno della Città metropolitana (Ferrovia Jonica, SS 106, ecc.). Noi pensiamo a tutto questo e alle irripetibili opportunità che la storia si appresta a consegnare alla nostra città che interpreterà, a brevissimo, il ruolo primario della metropoli, e a come, questo processo grandioso che si appella alla unitarietà di azioni e obiettivi rischi di scomporsi e decomporsi. Contentiamoci, dunque, della funzione educativa d’interpretare il nostro tempo e di condurre la nostra Città nella sua direzione più consona. Chiediamo solo questo alla Politica, a tutti i livelli, in tutte le sue espressioni. Da molti anni, ormai, trattiamo la vicenda dell’Aeroporto dello Stretto con una indeterminatezza assoluta, e progrediamo verso successive approssimazioni. Chiediamo, adesso, di metter da parte la calcolatrice; poiché ciò che serve è una trasposizione, una rivelazione … insomma, una capacità e un’azione politica.
Giuseppe Bombino