Riceviamo e Pubblichiamo . L’elaborato del giovane Paolo Siclari vincitore del concorso letterario “Italo Falcomatà”, presso l’Istituto tecnico Industriale “Panella – Vallauri”
L’immigrazione è un fenomeno atavico, che fonda le proprie radici nella preistoria, in cui gli uomini primitivi si spostavano da una terra all’altra per trovare condizioni di vita migliori. Rappresenta per molti un’opportunità di salvezza, specie per quelli che provengono dai paesi devastati dalle epidemie e dalle guerre. Tale fenomeno, spesso clandestino, nell’ultimo decennio ha fatto sì che il nostro paese venisse sempre più coinvolto perché geograficamente posizionato in modo favorevole. All’emigrazione ordinaria, innescata dalla volontà di cambiamento, si aggiunge l’emigrazione clandestina, nonché quella di coloro che raggiungono un altro paese alla ricerca di protezione ed asilo, fuggendo dai paesi invasi dall’odio e dalla guerra. La maggior parte di questi profughi che non hanno più nulla da perdere, raggiunge i confini degli altri stati affrontando viaggi in condizioni disumane, senza alcuna garanzia di salvezza, sperando in condizioni di vita più decenti, ma purtroppo non sempre è quello che trovano una volta giunti a destinazione: molto spesso la criminalità organizzata che gestisce il sistema di migrazione a livello internazionale, trasforma gli immigrati in “trafficati”, destinandoli al lavoro sommerso, alla droga ed alla prostituzione. Sempre che arrivino a destinazione, perché il mare, di superstiti ne ha visti ben pochi: è sufficiente ricordarsi degli oltre trecento individui morti nel naufragio di Lampedusa nel 2013, o gli infiniti morti del canale di Sicilia. Il migrante, in particolar modo quello clandestino, nella nostra società viene visto con occhi in bianco e nero: è considerato motivo di disoccupazione e di povertà. Ma fondamentalmente, l’immigrato, è colui che sceglie di scappare dalla miseria, che ha voglia di cambiare vita. E’ un sognatore che spinto dalla forza del bene, stacca le proprie radici per piantarle altrove. E’ colui che dà colore alla nostra società, che conosce realtà diverse dalle mie, che parla un’altra lingua e che balla un’altra musica. L’abbattimento del muro di Berlino, alzato nel 1961 con l’obiettivo di separare la parte Est della città dalla parte Ovest, non è stato del tutto un traguardo storico, se ancor oggi ci dimentichiamo di essere tutti cittadini dello stesso mondo. Reggio Calabria è una piccola parte del pianeta, che poggia sulle acque del Mar Mediterraneo, oggi divenuto pretesto di morte per innumerevoli innocenti che scelgono di emergere da buie realtà, così definite da profondi disagi sociali. Oltre ad essere una piccola parte del pianeta, la nostra è una grande terra, popolata da cittadini fedeli a quei valori che oggi sono sempre più soffocati dall’odio e dal razzismo. La Calabria tutta è un posto meraviglioso, che vanta non soltanto di un ingente patrimonio artistico e culturale, ma anche di persone, che operando nell’umiltà, sanno come rendere ricca una società anche in mezzo a tante difficoltà. Come la Reggio attuale, ne è espressione il comune di Riace, che durante la fine degli anni ’80 accolse umanamente centinaia di migranti provenienti dal Nord Africa, facendo tesoro delle loro ambizioni, per fronteggiare i bassissimi numeri dell’economia che nel corso degli anni diminuivano drasticamente perché i paesani abbandonavano la propria terra. Oggi, Riace, può guardare ad una rinascita sociale ed economica, grazie anche al contributo di quegli immigrati, attualmente circa 400 su 1900 abitanti. In questi ultimi mesi, Reggio Calabria si è vista protagonista di un nobile processo umanitario, grazie anche al notevole aiuto dei gruppi di volontariato di cui si avvale, ospitando centinaia di migranti ed offrendo loro sostegno fisico ed affettivo. Quest’opera di solidarietà in via di espansione sul territorio dello stretto, ha regalato ai profughi un buon motivo per guardare a quelle speranze di vita, ormai spente nei loro paesi d’origine. E’ indispensabile in un momento storico come questo, generare del bene per mantenere vive le reti solidali affiorate dalla nostra società, per tenere testa alle politiche aggressive che ambiscono alla chiusura delle frontiere, adottate di recente da alcuni paesi del Nord Europa. L’opinione pubblica, ha assunto posizioni differenti dinanzi ai grandi numeri dell’immigrazione: c’è chi sostiene politiche aggressive, per rispedire i rifugiati nei loro paesi d’origine, o peggio, per favorire la chiusura delle frontiere, e chi invece, come me, guarda a politiche di pace appoggiando l’accoglienza e l’integrazione. Per realizzare questi obiettivi, vanno superati i nostri limiti, che fomentano nella società odio razziale, che dividono i popoli con muri e filo spinato, che smarriscono il mondo tra la paura ed il terrore. Non è per niente facile, per una città che versa in uno stato economico che non è dei migliori, farsi carico di una tale responsabilità. Ed il problema fondamentale non è tanto l’economia, quanto l’imbarbarimento sociale di cui tutti noi, siamo vittime. E’ un momento storico difficile per la società tutta, molto più per le istituzioni, per chi si veste di umiltà e genera un processo di amore incondizionato attraverso il volontariato. I veri reggini non sono quelli che alludono a politiche efferate e di chiusura, che indifferenti si rivelano complici di un danno sociale che non ha limiti. Non sono neanche coloro che pur di dire qualcosa, dicono il non pensato, bensì sono coloro che guardano al progresso e all’innovazione, al cambiamento, all’integrazione, che osservano il mondo a colori. I veri cittadini reggini, sono quelli che conoscono la nostra storia e non la dimenticano, che ricordano i volti di chi, nel dopoguerra e non solo, è andato verso gli Stati Uniti e verso il Nord Europa, che quella che adesso noi chiamiamo “immigrazione”, un tempo – non molto lontano – è stata la nostra emigrazione. Non rendiamo inutile l’opera dei più grandi portatori dei valori di pace, come Nelson Mandela, che dedicò la sua vita per rivendicare quei diritti liberali, che probabilmente non sarebbero mai stati riconosciuti. Coloriamo la nostra società mirando alle possibilità di rinascita sociale prima che economica, coscienti del fatto che una società multiculturale, è molto più produttiva rispetto ad una monotona. E’ un bene essere curiosi di culture e tradizioni diverse, e sfruttarle al meglio, perché la conoscenza arricchisce tutti incondizionatamente. Reggio Calabria è una città che si è scrupolosamente fatta carico di sognatori, rendendoli parte integrante della nostra società, nonostante l’indifferenza di quei finti cittadini che hanno dimenticato di trovarsi di fronte a persone in cerca di salvezza. Il mio auspicio è che la mia terra continui ad operare per il bene comune, che contribuisca insieme alla scuola ad un’educazione dei giovani sempre più basata su principi di pace.