«A Rekhanye a pagare sono ancora le vittime»
«Lo sgombero di questo campo profughi, il più grande del nord del Libano – denuncia Giovanni Ramonda, resposabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII – sarebbe un’ulteriore violenza verso le famiglie siriane che hanno già dovuto affrontare la guerra e la distruzione delle loro case in Siria». Operazione Colomba, corpo di pace della Comunità, ha visitato il campo ed è presente nell’area con i volontari italiani dal 2014, impegnati in attività di sostegno agli sfollati. «Queste persone – continua Ramonda – sono fuggite dalla guerra per dare un futuro ai propri figli; dopo anni hanno ricostruito una qualità di vita appena sopra il livello di sopravvivenza, in condizioni precarie difficili; ora si ritrovano a fronteggiare il rischio di perdere il poco che anno». Il campo informale di Rekhanye, nella regione di Akkar nel nord del Libano, ospita circa 1.300 persone di cui la maggior parte sono minori. Il 10 novembre una persona che si è dichiarata portavoce dell’esercito libanese ha intimato lo sgombero del campo il 26 novembre. L’ordinanza di sgombero è stata notificata al coordinatore dell’Its (Informal Tented Settlement) di Rekhanye gestito da Urda (network che offre assistenza ai rifugiati siriani in Libano). Abu Isham, responsabile libanese di Urda per il campo ha dichiarato che i membri dell’organizzazione non intendono lasciare la zona e sono fermamente intenzionati ad evitare lo sgombero. Operazione Colomba condanna le minacce: «Il prezzo della guerra è sempre troppo alto, e a pagarlo sono sempre i più deboli», spiegano i volontari.