Dieselgate: l’Environmental Protection Agency ha scoperto che Audi dispone di un software che aggira le revisioni

 Scoperto nuovo cheat software su Audi.  Interessate anche le auto in Europa

Sportello dei Diritti Associazione Nazionale Onlus06\11\2016 – Audi ha ingannato gli automobilisti apparentemente rispetto alle emissioni di ossidi di azoto più di quanto precedentemente conosciuto. L’Environmental Protection Agency statunitense ha accusato il noto produttore tedesco di aver installato sulle Audi, un nuovo cheat software, un’applicazione che nei periodi di revisione abbatte del 40% le emissioni di ossido di azoto, per rientrare nei parametri del “Clean Air Act”. Interessate anche le auto in Europa. Il CARB, l’agenzia per la protezione ambientale della California, ha scoperto in estate un’altra funzione di un software illegale in un motore dell’ Audi V6. La notizia è stata pubblicata oggi dal giornale “Bild am Sonntag”. La casa automobilistica di Ingolstadt, ha utilizzato questa applicazione anche per la manipolazione delle automobili diesel ed i motori a benzina in Europa. Normalmente le auto funzionano a pieno regime e il software rimane dormiente. Quando avvengono i controlli, a distanza di 6 anni dall’acquisto e poi ogni due anni, la centralina riduce le prestazioni e di conseguenza le emissioni per rispettare i regolamenti. I dettagli di come realmente funzioni, però, non sono stati divulgati. Audi aveva negato il problema, ma poi si è scoperto che l’AUDI A3 diesel della casa automobilistica non rispettava i valori limite per gli ossidi di azoto. Ora Audi negli Stati Uniti potrebbe avviare un richiamo che normalizzi il software, con tutte le conseguenze del caso, su tutte probabilmente un calo prestazionale o addirittura la restituzione dell’importo pagato per il loro acquisto. Parallelamente il Dipartimento di Giustizia potrebbe sanzionare il colosso tedesco con una multa di massimo 37.000 dollari a veicolo. Sembra che abbiano progettato un sistema con l’intenzione di ingannare consumatori e governo. Se fosse dimostrato, sarebbe rimarchevole e vergognoso commenta Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”. Meriterebbe molto di più che un richiamo e una multa. Sarebbe da azione penale.

c.s.  Giovanni D’Agata – Sportello dei Diritti

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