31\08\2016 – Confesso che per un attimo, ma solo un attimo, sono rimasto perplesso dinanzi al titolo che Sallusti aveva scelto, all’indomani del terremoto, per rompere una prassi che ha caratterizzato il Paese del Guelfi e dei Ghibellini per lungo periodo. Quel ‘Forza Italiani e Forza Renzi’ era la sintesi perfetta del percorso che, nel momento del lutto e del dolore, va intrapreso per affrontare una emergenza che non può e non dovrebbe avere colori politici. Di certo ad una importante fetta di cittadini del centrodestra, che hanno vissuto esperienze di altri terremoti, e che hanno il ricordo di come è stato trattato, non dopo, ma durante l’emergenza, dai pezzopani, dai cialenti e dall’intera sinistra, il duo Bertolaso-Berlusconi, e che non hanno la forza di dimenticare, la scelta non è piaciuta per nulla. Essa è, infatti, sembrata un ‘aiutino’ al ‘giocoliere’ nazionale, e non quello che realmente era ed è: un aiutino alle popolazioni colpite nell’animo dai lutti, dalla perdita dei loro averi fondamentali come la casa, e con la preoccupazione che dalla precarietà potrebbe essere difficile uscire. L’esortazione a Renzi ad essere subito operativo, ad affrontare col verso giusto i problemi che i danni causati dal terremoto pongono, potrebbe far ridurre le polemiche, facendo emergere e crescere l’ottimismo, che è una componente sempre positiva per quanti, dopo il dolore per i lutti, sono costretti ad affrontare la quotidianità della loro sistemazione in tendopoli che, con tutti gli sforzi che possono essere fatti è e rimane una sistemazione precaria. Il primo atto, in un clima di collaborazione tra forze diverse, è quello di selezionare chi vuole ricostruita la propria casa distrutta nello stesso posto in cui si trovava (con tempi di realizzazione ovviamente misurabili in anni) e quanti optano per la soluzione da realizzare in pochi mesi anche in posti diversi dal precedente ma compatibile con la necessità di non dover disperdere l’unitarietà della comunità a cui si appartiene. A Renzi bisogna ricordare che ‘copiare’ quanto realizzato a l’Aquila non è una diminutio ma un metodo per affrontare più celermente l’emergenza ed anche il dopo, se è vero com’è vero che l’attuale terremoto, con le scosse più violente, è stato ‘vissuto’ anche a l’Aquila, con la gente per le strade tutta la notte in preda alla paura, ma che ha avuto la certezza, via via che il tempo passava, che le case costruite ex novo e quelle riparate avevano retto benissimo e non si è dovuto piangere alcun morto. Gli aquilani hanno potuto tirare un grande sospiro di sollievo. Renzi sappia cogliere questa disponibilità e passi dalle specialità in cui eccelle, come gli annunci a getto continuo e le nomine accuratamente selezionate nella propria area politica, a reali ed efficaci azioni operative. Continuare a fare il piazzista non pagherebbe, così come non pagherà la nomina di ‘politici’, come commissari straordinari per la ricostruzione, per tacitare la vecchia nomenclatura, anziché puntare sui cosiddetti uomini del fare che puntano all’obiettivo affidatogli senza i ‘dosaggi’ e le ‘ricadute’ che la politica comporta. Se il buongiorno si vede dal mattino, sembra, però, che si sia partiti veramente male. Il premier deve mettere in conto che il terremoto può spazzarlo via inesorabilmente anche prima che la pseudo riforma costituzionale venga bocciata dal referendum d’autunno. Il ‘Forza Renzi’ va riempito, senza perdere tempo, di scelte operative concrete condivise.
Giovanni Alvaro