Un tesoretto previdenziale in attesa dei titolari tra cui anche tanti italiani
Il Controllo federale delle finanze svizzero (CDF), in un rapporto pubblicato oggi, raccomanda più trasparenza e più informazione agli assicurati che “dimenticano” su conti dormienti prestazioni previdenziali di libero passaggio per importi miliardari. Il denaro viene dimenticato nella maggior parte dei casi quando l’assicurato cambia datore di lavoro o interrompe l’attività professionale. Nel caso non vengano reclamati, o trasferiti alla cassa del nuovo datore di lavoro, gli averi finiscono su un conto bancario o una polizza assicurativa a destinazione vincolata. Il CDF afferma che almeno un terzo di tutti i conti e polizze di libero passaggio sono “privi di contatto”. I titolari non sono in altri termini raggiungibili: per mancanza di interesse degli aventi diritto, ma anche per un cambiamento di domicilio o per un’informazione insufficiente al momento dell’abbandono dell’impiego. Gli averi di libero passaggio “senza contatto” consistono perlopiù in piccoli importi derivanti prevalentemente da rapporti di lavoro di breve durata. Si stima tuttavia che la somma complessiva ammonti a circa 5 miliardi di franchi, ovvero al 10% del totale. L’autorità di vigilanza intravede il rischio che nei prossimi anni, con il graduale raggiungimento dell’età di pensionamento da parte di molti titolari, il numero di averi “dimenticati” o non fatti valere possa aumentare. Chi sono i titolari e perché non li hanno mai reclamati? Sono sia cittadini della Confederazione elvetica, sia cittadini stranieri tra cui anche tanti italiani. Una notizia importante che potrebbe riguardare anche migliaia di italiani ed i loro eredi, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, che potrebbero richiedere tali contributi, che possono dare diritto a una pensione integrativa o un capitale. Occorre, però, dimostrare di aver lavorato in Svizzera e di aver maturato quel diritto. Si tratta di contributi obbligatori versati a una delle tante casse professionali in base alla professione svolta dal lavoratore. Secondo la disciplina in vigore fino al 1985, era necessario comunicare all’istituto previdenziale professionale il cambio di lavoro entro sei mesi. Solo attraverso questa comunicazione si poteva trasferire presso il nuovo istituto professionale la dote contributiva già accumulata. In molti tuttavia, si sono dimenticati di effettuare tale comunicazione proprio perché, come nel caso dei lavoratori stranieri, si trattava di lavori saltuari, stagionali o discontinui. I contribuenti interessati al recupero di questi contributi possono rientrare in diverse tipologie. C’è chi, prima del 1985, lavorava presso un datore di lavoro che offriva già ai dipendenti un’assicurazione sulla base della professione svolta, sebbene all’epoca non fosse obbligatoria. Altri possono aver cessato l’attività lavorativa in Svizzera e sono poi rientrati nel paese di origine senza richiedere alcuna prestazione legata all’assicurazione relativa all’attività professionale. Altri ancora sono lavoratori che nel corso della carriera professionale hanno cambiato più aziende e hanno dimenticato di comunicare i passaggi dei contributi accumulati al nuovo datore di lavoro entro i tempi prescritti. Tempo fa, il fondo ha fornito una lista dei titolari dei contributi “dormienti”. Gli aventi diritto, che possono essere assistiti in Italia, sono solo due: il titolare che ha versato i contributi oppure il coniuge se il titolare è venuto nel frattempo a mancare. Nel caso in cui venga accertata l’esistenza del diritto, il fondo si attiva per la restituzione di quanto dovuto sulla base dei contributi versati. Gli eredi o chi presume di avanzare diritti sui conti dormienti avranno un anno di tempo per giustificare i propri interessi. Al termine di questo periodo se nessuno avrà reclamato gli averi in giacenza, i fondi finiranno nelle casse della Confederazione con buon pace per chi potrebbe avanzare in futuro pretese.
c.s. – Giovanni D’Agata – Sportello dei Diritti