Antibracconaggio: vasche bunker sequestrate nel casertano

La caccia illecita mette a rischio la sicurezza agroalimentare e muove milioni di euro sottratti al fisco

Corpo Forestale antibracconaggioCaserta – La Forestale denuncia 16 persone all’Autorità Giudiziaria e sequestra 15 fucili da caccia, quasi 1.000 cartucce calibro 12 cariche, decine di richiami acustici elettromagnetici, numerosi stampi in plastica riproducenti uccelli acquatici, due “bunker” (appostamenti fissi di caccia), e svariate attrezzature utilizzate dai bracconieri per l’illecita attività venatoria nei comuni casertani di Castel Volturno, Cancello ed Arnone, Mondragone, Pignataro Maggiore e all’interno del Parco Regionale del Matese: Radiscanina, Valle Agricola, Castello Matese e Treglia. Questo il risultato di un’operazione denominata FAUNA SICURA coordinata dai Magistrati della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere che ha visto impegnati per mesi gli agenti del Corpo forestale dello Stato di Caserta sul fenomeno illecito che dà vita ad un enorme giro d’affari. Nel corso dell’operazione nel comune di Treglia un piccolissimo cucciolo di cinghiale striato è stato liberato da una trappola costituita da un laccio di acciaio che lo stringeva al collo. È stato trasportato dai Forestali presso il Centro di Recupero di Fauna Selvatica “Il Frullone” di Napoli. Nel periodo in cui l’attività venatoria è consentita, ossia dalla terza domenica di settembre al 31 gennaio (salvo preaperture o prolungamenti), i bracconieri frequentano le aree protette, ove la selvaggina, in particolare cinghiali e beccacce, è abbondante e la vastità dei boschi si presta a facili vie di fuga. I Parchi e le Riserve Naturali sono presi di mira dai bracconieri che utilizzando cani da caccia di razza segugio stanano le prede costringendole a spostarsi in aree dove la caccia è consentita. Ad essere presi di mira sono soprattutto i cuccioli di cinghiale, dalle carni più tenere e gustose, fortemente richiesti dai quei ristoranti che fanno delle pietanze dal retrogusto selvatico, pregiate e costosissime, il piatto di maggiore attrazione per la propria clientela. La selvaggina è ovviamente commercializzata “a nero” sul mercato, sottratta ai controlli sanitari, oltre che a quelli tributari.  Nei restanti periodi dell’anno, in cui la caccia non è consentita, i cacciatori di frodo esercitano l’illecita attività nelle zone umide e sulle spiagge, facendo strage di uccelli acquatici, che dal mese di marzo iniziano a migrare per raggiungere gli areali di nidificazione. I bracconieri hanno creato le cosiddette “vasche”, ossia laghetti artificiali con annesso bunker interrato in cemento o in ferro munito di copertura scorrevole, dove i cacciatori di frodo si nascondono per cacciare. La tecnica utilizzata dai bracconieri consiste nel sistemare all’interno degli specchi d’acqua stampi in plastica che ricalcano varie specie di uccelli acquatici e richiami acustici per attirare i volatili. Dietro questa forma di bracconaggio si nasconde un’economia sommersa in quanto le vasche vengono affittate ad un costo che oscilla tra i 12mila e i 40mila euro all’anno, naturalmente non tracciabili e sottratti al fisco: somme che, moltiplicate per il numero di vasche presenti sul territorio, fanno emergere un giro d’affari che si ipotizza sfiorare il milione di euro.

fonte  – http://www.corpoforestale.it/

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